Trovato l’accordo dal Governo per l’abolizione del finanziamento ai partiti

Il governo trova l’accordo politico e, la prossima settimana, approverà in consiglio dei ministri il ddl per l’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti e per introdurre, attraverso meccanismi simili al 5×1000, il sostegno alla politica da parte dei cittadini. Una risposta all’antipolitica e a Beppe Grillo che però non apprezza affatto e liquida come «un bluff» la decisione del premier Enrico Letta.

Fedele all’impegno preso nel suo discorso di insediamento alle Camere, Letta accelera sulla riforma del finanziamento pubblico ai partito e, contestualmente, sulla disciplina delle lobby. E porta in cdm le linee guida del provvedimento che il ministro Gaetano Quagliariello definirà per l’ok la prossima settimana. Il governo punta ad abrogare l’attuale sistema dei rimborsi elettorali – in realtà un vero e proprio finanziamento ai partiti mascherato – e ad introdurre dei meccanismi di sgravi o di incentivi fiscali per consentire ai cittadini, in un sistema di tracciabilità delle contribuzioni, di sostenere economicamente il proprio partito.

Non proprio un sistema all’americana, però, a quanto si apprende, perché nel ddl si prevederà una soglia massima per le donazioni dei privati ed un sostegno da parte dello Stato: in parte su spese rendicontate fino ad un tetto da definire ma soprattutto in termini di strutture e servizi, ad esempio spazi tv e radio, affissioni o costi di spedizione. Per accedere a queste facilitazioni il governo intende definire «procedure rigorose in materia di trasparenza degli statuti e dei bilanci dei partiti» in modo da garantire, a partire dalla Carta dei partiti alla certificazione esterna dei bilanci, la massima chiarezza e democrazia interna.

È appena finito il consiglio dei ministri che il premier sceglie, non a caso visto l’argomento così popolare, la via del tweet per comunicare l’accordo politico. Una decisione sostenuta con forza anche nella riunione del cdm dal vicepremier Angelino Alfano che ricorda che l’abrogazione «era nel nostro programma elettorale». Un sostegno del governo che ora dovrà passare le forche caudine del Parlamento, dove i sì e i no all’abrogazione attraversano trasversalmente tutte le forze politiche. Nel Pdl, ad esempio, esprime dubbi Fabrizio Cicchitto così come nel Pd, storicamente contrario ad una abrogazione totale ma favorevole ad una revisione del sistema, uno dei maggiori fan dell’apertura al finanziamento privato è Matteo Renzi. «Durante le primarie – rivendica il sindaco – eravamo solo noi a dirlo, ora vedo condivisione. Ho parlato più volte con Letta, il governo procederà spedito».

Più cauto il segretario Pd Guglielmo Epifani, che però apprezza la decisione soprattutto alla luce della crisi economica che aggiorna le priorità della finanza pubblica: «Bisogna abolire gradatamente i finanziamenti pubblici. L’importante è che si trovino finanziamenti liberi e che i partiti abbiano un ordinamento democratico». Chi doveva esultare per l’abrogazione del finanziamento pubblico, cioè il M5S, ha invece una reazione fredda, per usare un eufemismo. Il capogruppo alla Camera Roberta Lombardi spiega che i grillini collaboreranno «per far rispettare, e non aggirare come al solito, il referendum del ’93 (che abrogo’ il finanziamento pubblico,ndr)». Ma Beppe Grillo parla «dell’ennesima presa per il culo pre-elettorale del pdmenoelle». «Comprendiamo l’irritazione dei grillini: volevano l’esclusiva e si dovranno `accontentarsi´ di votare», commenta sarcastico il ministro Giampiero D’Alia.

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