Tensioni nel Pdl: Berlusconi frena i falchi

«Non permetteremo ad Angelino di scappare portandosi via l’argenteria di palazzo Grazioli». L’ex sottosegretario parla dello scontro ad alzo zero in corso nel Pdl. Uno scontro che Silvio Berlusconi ha seguito ieri da Arcore guardandosi bene dall’assecondare lealisti o colombe.

Il Cavaliere ha atteso con una certa impazienza la nota di Alfano critica con Letta, ma ha poi centellinato le telefonate arrivate al centralino di villa San Martino stimolate dall’intervista che l’ex ministro Raffaele Fitto ha rilasciato al Corriere. In questo momento Berlusconi non gradisce dichiarazioni che contribuiscano ad alimentare la tensione ed è per questo che la sera prima ha chiamato il ras pugliese del Pdl cercando di frenare i toni delle sue dichiarazioni. L’allergia di Berlusconi ai congressi è nota e quindi ha bocciato ieri senza mezzi termini l’idea di una lacerante conta da realizzarsi dentro al Pdl.

PRESSING
D’altra parte, persa la sfida a palazzo Madama grazie anche al decisivo posizionamento di Renato Schifani che non a caso ieri si è pubblicamente schierato con Alfano, il Cavaliere ha ora bisogno di riportare unità dentro il partito. Ma i lealisti di Fitto non ci stanno e con le colombe di Alfano condividono solo la necessità di emarginare la pattuglia dei falchi (Verdini, Santanchè e Capezzone), ma non «lo schiacciamento del partito sul governo». Tantomeno intendono assecondare i ragionamenti di Enrico Letta sulla nascita di una nuova maggioranza.

A pochi giorni dalla presentazione della legge di stabilità, che venerdì dovrebbe essere varata dal Consiglio dei ministri, il caos nel secondo partito della coalizione è totale. A ciò si aggiunge il repentino passaggio del capogruppo della Camera dal fronte dei falchi a quello degli alfaniani. L’ex esponente socialista resiste sulla poltrona di capogruppo anche per il ”no” di Fitto alla proposta di prendere il ruolo di guida del Pdl a Montecitorio. In stand by sono anche la Gelmini e la Carfagna che il Cavaliere vorrebbe al partito o al posto della Santanchè.

UNITA’
La richiesta di Fitto di andare ad una conta dentro al partito è la conferma che per ora nessuna delle due fazioni pensa di mollare e che la disputa è sul Pdl e sulla foto del Cavaliere da porre, più o meno legittimamente, dietro la scrivania. Sulla carta i due schieramenti sono alla pari, con in mezzo un gruppo di parlamentari (Romani, Bonaiuti, Gasparri e Matteoli) che tentano una mediazione. Ciò che appare in questo momento evidente, e che non può non far piacere a Berlusconi, è la disputa tra lealisti e colombe sul rapporto con il Cavaliere.

Alfano, che ieri ha evitato di rispondere direttamente a Fitto, è convinto che il partito debba ora impegnarsi sul governo e che la linea moderata e senza strappi, dia certezze all’elettorato. A Berlusconi gli alfaniani hanno promesso di non voler uscire e di lavorare per l’unità. Ovviamente – è il ragionamento che Alfano fa con i suoi – devono però essere emarginati coloro che fino a mercoledì scorso hanno interpretato la linea risultata poi sconfitta.

L’orizzonte che il segretario del Pdl ha dato ai suoi è quello del 2015, ma mal sopporta il pressing che gli viene dal Pd perché prenda le distanze dal resto del Pdl e a Letta ha ripetuto che per il chiarimento interno «mi occorre tempo». «Il tackel in scivolata di Letta contro Berlusconi», come lo ha definito Osvaldo Napoli, ha dato ieri al segretario l’occasione per ribadire la sua fedeltà al Cavaliere, ma i lealisti alla Fitto attendono ora il governo al varco sulla legge di stabilità.

MERKEL
Il timore che il Pd voglia approfittare con la manovra finanziaria della fase di instabilità interna al Pdl, è fortissimo. Le prime avvisaglie sono arrivate con il tentativo di una parte del Pd di rimettere in gioco la seconda rata dell’Imu, ma il compito che attende il viceministro all’Economia Luigi Casero è tutt’altro che facile.

Malgrado le rassicurazioni di Matteo Renzi, il Pd continua a gestire le larghe intese controvoglia e la stesura della legge di stabilità rischia di diventare anche per il partito di Epifani l’occasione per giustificare al proprio elettorato la presenza nella strana maggioranza. E così se nel Pdl c’è chi ricorda le parole d’ordine della campagna elettorale (meno tasse e nuovo rapporto con la Ue a trazione Merkel), il Pd spinge per detassare il lavoro, la ricerca e gli investimenti.

 

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