Tensione nel Pd: minoranza all’attacco sulle riforme
Una chiamata alle armi del partito, in vista del voto delle comunali e del referendum costituzionale di ottobre. È quel che i membri della direzione Pd si aspettano oggi, da Matteo Renzi, nella riunione dell’organismo dirigente
convocata alle 15 con all’ordine del giorno un esame della situazione politica. Ma in vista dell’incontro emerge ancora una volta il dissenso della minoranza Dem rispetto alla linea del segretario: non personalizzi il referendum e non trascuri le comunali perchè, avverte la sinistra, «non si può pensare che il voto in grandi città non sia un test politico».
Dopo aver lanciato lunedì scorso la campagna referendaria da Firenze, Renzi in direzione tornerà sui temi di attualità, a partire dalla giustizia, ma soprattutto aprirà una settimana importante per impostare sul piano organizzativo la lunga volata alla consultazione di ottobre. Accanto al comitato nazionale, il Pd formerà un proprio comitato per il sì in ogni circolo del partito. Ma l’obiettivo, puntando a quota 10mila comitati, è allargare il più possibile la partecipazione – sul modello della Leopolda – anche a chi non ha la tessera Pd o non è neanche impegnato attivamente in politica. Quanto alle comunali, il premier fa capire che non si defilerà dalla campagna elettorale. E decide di partecipare a un incontro a sostegno di Beppe Sala, che è impegnato – stando ai sondaggi – in un confronto dall’esito non scontato con il candidato del centrodestra Stefano Parisi.
Ma la minoranza Pd reclama dal segretario un cambio netto di impostazione. «La priorità – osserva il senatore Federico Fornaro – sono le amministrative, non si anticipi il dibattito referendario. Si vota nelle più importanti città italiane e non si può pensare che non sia considerato un test politico». Dare la priorità al referendum ora, attaccando o «insultando» le ragioni del no, sottolinea Nico Stumpo, «rischia di creare difficoltà ai candidati sindaco del Pd».
Fa molto irritare la minoranza una frase di Roberto Giachetti, candidato a Roma, sulla volontà di «lasciarsi alle spalle» una parte del Pd («Un harakiri poco intelligente», commenta Stumpo), e una frase del ministro Maria Elena Boschi: «Parte della sinistra non voterà le riforme e si porrà sullo stesso piano di Casa Pound». «Tra chi annuncia un voto contrario ci sono i vertici dell’Anpi, e allora servirebbe misurare le parole. Sempre», dice Gianni Cuperlo. E sottolinea che nella «fatica» di tenere unito il partito in vista delle comunali «le parole pesano». «Non abbiamo bisogno di un colpo di Ala – dice Dario Ginefra con riferimento al sostegno di Verdini – ma di capire dove volare insieme. L’unità va praticata,non declamata».
La maggioranza Pd sceglie di non replicare. Ma, fuori dai taccuini, più di un parlamentare osserva che sostenere che le comunali abbiano valore politico fa pensare che la minoranza (non diversamente dal centrodestra) sia pronta a «brandire» un eventuale insuccesso nelle urne contro il governo in vista del referendum. Un altro indizio, fanno notare fonti renziane, risiede nel fatto che gli esponenti della sinistra, mentre criticano le parole della Boschi, «non spendono una parola» per commentare la vicenda del sindaco M5s indagato a Livorno.