Sigarette: aumentano i prezzi delle bionde. Ecco le marche e i costi
Aumentare le accise dei tabacchi. Questa l’idea alla quale il governo sta lavorando, e che entro la fine di giugno potrebbe approdare al Consiglio dei ministri. I motivi sono molteplici: l’Italia ha un’accisa al di sotto della media europea (7,5% contro il 42%), ma a pesare di più è il gettito in discesa di 600 milioni di euro registrato nel 2013. L’idea del governo però è in controtendenza con il modus operandi dei lobbisti delle multinazionali del tabacco che con la diffusione delle sigarette elettroniche sono stati costretti ad abbassare il prezzo delle bionde. Ad aprile 2013 Imperial Tobacco ha ridotto il prezzo delle Jps, British American Tobacco delle Rothmans e Japan ha portato a 4 euro alcune Benson & Hedge. A febbraio 2014 anche il gigante Philip Morris è stato costretto ad abbassare il pacchetto delle Chesterfield da 4,60 a 4 euro. E insieme ai prezzi sono scesi anche gli incassi dell’Erario. La struttura della tassazione in Italia è infatti largamente proporzionale al costo del pacchetto di sigarette. Se l’Iva è fissa al 22%, l’accisa ha una natura mista: una componente fissa, indipendente dal prezzo (pari al 7,5% del totale del carico fiscale) e una componente ad valorem, proporzionale al prezzo di vendita e pari ad oltre il 92% del totale. Più scende il prezzo delle sigarette quindi, meno ci guadagna lo Stato e più si scatena un meccanismo che anziché scoraggiare i consumi, li stimola.