Scoperto un gene che brucia i grassi

Anche la cellula ha i suoi sistemi per dimagrire e se cyclette e tapis roulant sono i più diffusi nelle palestre, lo strumento anti-grasso migliore che si possa trovare nelle cellule è il lisosoma, che grazie all’attività di un solo gene, detto Tfeb, riesce a regolare non solo lo smaltimento dei rifiuti cellulari, ma anche quello dei grassi. A svelarlo sono Andrea Ballabio e Carmine Settembre, ricercatori dell’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Napoli, che grazie ad uno studio pubblicato su Nature Cell Biology sono riuscciti a dimostrare lo stretto legame che unisce la produzione dell’energia all’interno della cellula e la sua capacità di smaltire le sostanze di scarto.

Infatti quando le risorse a disposizione sono scarse, le cellule possono sfruttare il processo dell’autofagia – che, proprio attraverso i lisosomi, consente di smaltire le molecole di scarto altrimenti tossiche – per mobilizzare i grassi, che altro non sono che la scorta energetica dell’organismo. “Abbiamo dimostrato – spiega Settembre – che TFEB gioca un ruolo da direttore d’orchestra anche nel metabolismo dei grassi quando l’energia scarseggia. E’ in grado infatti di mettere in moto il processo con cui la cellula ‘spezzetta’ i lipidi e li converte dalla loro forma di deposito a quella immediatamente utilizzabile come fonte energetica”. A prova di ciò, i ricercatori hanno dimostrato che sia nei topi con obesità di natura genetica, sia nei topi obesi a causa di un consumo eccessivo di grassi basta un terapia genica a base di Tfeb per evitare l’aumento di peso, del colesterolo e dei trigliceridi nel sangue e la comparsa del diabete. In altre parole, ad evitare la sindrome metabolica. “Questo significa che Tfeb è riuscito a mimare quel processo che si verifica in caso di digiuno e che favorisce l’utilizzo dei grassi, evitandone l’accumulo”.

Quello proposto da Settembre e Ballabio per contrastare l’obesità nell’uomo non è, però, una terapia genica. “Piuttosto – precisa Ballabio – abbiamo avuto la conferma di come stimolare Tfeb faccia ‘star bene’ le cellule e si possa quindi sfruttare per contrastare la degenerazione progressiva che si osserva in molte malattie, sia rare che molto comuni. Per questo siamo al lavoro per trovare le molecole piu adatte a stimolarne l’azione in maniera controllata: sono migliaia le sostanze diverse che stiamo analizzando grazie ai sofisticati macchinari che abbiamo a disposizione al Tigem”.

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