Saviano, Rassegna teatrale XIV edizione in scena “ Lo Munaciello” di Alberto D’Angelo
Saviano – “Il monacello: a chi arricchisce e a chi manda in miseria”; recita così un proverbio in lingua napoletana. La storia portata in scena, dal gruppo “La compagnia dei Lazzari”, compagnia teatrale proveniente da Sant’Anastasia, è datata 1445, epoca in cui Napoli era governata dagli Aragonesi. Consenso di pubblico per la serata. È uno spiritello, una leggenda del folclore napoletano. Spirito di natura, si suppone benefica, ma che ama esser dispettoso. Usa esser rappresentato come un ragazzino deforme, vestito con un saio. Uno spirito che si presenta come un vecchio-bambino. È stato, sicuramente in vita, uno dei bimbi appena nati, che venivano accolti nei conventi. La tradizione narra che il nome fu dato nel Cinquecento ad un fanciullo trovatello malaticcio, morto in giovane età, famoso per la sua esuberanza. Sicuramente la storia è pura invenzione del popolo che volle assegnare aspetti comprensivi ad un soggetto demoniaco. Non era altro che una presenza del male che, ricorrendo a gratificazioni, cercava di corrompere l’anima. È l’epoca in cui vive Caterinella Frezza, figlia di un ricco signore del tempo; in breve s’innamorò di un giovane, Stefano Mariconda. L’amore fu ostacolato dal padre di lei. Un storia d’amore triste come potrebbe essere la Giuletta e Romeo di William Shakespeare o la Paolo e Francesca dell’inferno dantesco; celebri amanti al pari di loro decisamente sfortunati. Il ragazzo fu trovato morto nel luogo dove vedeva spesso e volentieri Caterina. La fanciulla si ritirò dalla vita cercando conforto in convento dove diede alla luce un bimbo; il monacello! Gli studiosi di tradizioni avvalorano due ipotesi. Una di queste, riportata tra gli altri da Matilde Serao nel suo “Leggende napoletane” datata 1881,il “munaciello” sarebbe un personaggio esistito realmente. L’origine risalirebbe al 1445 con il regno di Alfonso V d’Aragona. Un personaggio che compare anche in altre opere teatrali: In epoca odierna, il munaciello compare nell’opera “La gatta Cenerentola” di Roberto De Simone, trasposizione dell’antica fiaba di Giambattista Basile. La commedia portata in scena è ovviamente in costumi d’epoca. Sullo sfondo una scenografia fatta di immagini proiettate: ora l’immagine del cortile del maschio Angioino ora l’interno di un nobile appartamento dell’epoca. Si festeggia il carnevale e oltre i lanci di coriandoli i giullari fanno festa; classica l’esibizione in corteo del funerale di Carnevale. Canzoni e cantastorie vivono l’ambiente urbano dell’epoca. La rappresentazione si connota di alcune parti musicali con balli e canzoni. Meritano citazioni gli attori: Giovanna Maresca, Mario Papero, Michele Allocca, Simone Caravella, Alberto D’Angelo, autore e regista della commedia e interprete del cantastorie in scena, Marina Campese, Nietta Carotenuto, Giovanna Alaia che interpreta la Caterinella Frezza, bella e sfortunata amante, Ciro Orazzo, che interpreta il giovane di nobili sentimenti e che perde la vita per amore, Ciro Marino, Virgilio Nunziata, Tino Costa, Francesca Radunanza, Mariarca Ammirati, Emanuela Paparo, Katiusca De Cicco e infine Vincenzo Buonocore.
di Antonio Romano