Riforma elettorale, Renzi: «No alle larghe larghe intese»
Nessuna esitazione di Matteo Renzi sulla strada della “sua” riforma elettorale che, anzi, nobilita inserendola in quello che definisce un «tris storico»: «Senato gratis; lotta alle disfunzioni regionali; garanzia del bipolarismo». Twittando con follower e polemisti, il segretario sottolinea gli «eccezionali risultati» raggiunti a sette giorni dall’incontro col Cavaliere: «Oggi abbiamo già approvato un testo base. Tempismo, energia, visione». I mal di pancia, concede Renzi, «sono naturali», ma poi avverte tutti che «il Pd ha deciso, indietro non si torna. Chi vuole riportare tutto sempre a capo, non sa quale occasione rischia di farci perdere». E, sempre via twitter, aggiunge: «Alle primarie ho detto: legge chiara che eviti larghe intese, no diktat dei partitini, vincitore certo. Impegni confermati». Contrario anche alle candidature multiple – vietate peraltro nel testo della legge che la Camera inizierà a discutere mercoledì – il sindaco di Firenze dice tuttavia di non avere intenzione di «immolarsi» sul tema, al contrario di quanto è disposto a fare per altri contenuti della legge, come ballottaggio, premio e sbarramenti. Comunque, precisa, non sarà il Pd a presentare lo stesso candidato in più collegi.
L’ottimismo di Renzi è condiviso da Silvio Berlusconi: «Con lui abbiamo avviato un processo di riforme che – sostiene il leader azzurro – non sono le riforme di Renzi, ma le nostre stesse riforme sin dalla nostra discesa in campo 20 anni fa». «Dopo anni di insulti – prosegue il Cavaliere – forse abbiamo trovato l’interlocutore nel nuovo leader del partitoprincipale che si oppone a noi. Ora speriamo di poter andare avanti sulle riforme e faremo di tutto – qui il pizzico di prudenza che introduce Berlusconi – per non rimanere delusi anche questa volta. Troppe volte la generosità del centrodestra è stata ripagata con l’odio politico dei nostri avversari».
Se sul fronte destro, per Renzi, sembrano esserci solo rose, le spine spuntano a sinistra. Dopo la scelta del leader dem di non andare al congresso di Sel e la ruvida accoglienza riservata al suo inviato a Riccione, Stefano Bonaccini, è scontro con Nichi Vendola che, oltre alla chiusura verso i piccoli partiti contenuta nella nuova legge elettorale, non gli perdona il sodalizio sbocciato tra il sindaco e il Cavaliere: «Berlusconi – afferma il leader di Sel – ha detto “quella riforma è firmata da me”, rivelando così l’autenticità del suo copyright. Ogni volta che la sinistra moderata fa un giro di valzer con Berlusconi pensa di metterlo nel sacco, e invece…». Avvertimento di Vendola anche in vista degli incontri previsti tra i due partiti: «I vertici di Sel – dice il governatore pugliese – incontreranno quelli del Pd a condizione che si capisca che non siamo qui a chiedere l’elemosina. Discuteremo se ci sarà la considerazione e il rispetto che meritiamo».