Ricorre oggi il decennale della scomparsa di Papa Giovanni Paolo II
La sera del 2 aprile 2005, alle 21.37, moriva papa Giovanni Paolo II. Sono trascorsi 10 anni da quelle ore di straziante agonia che accompagnarono gli ultimi momenti della vita del pontefice polacco, un’attesa ormai ineluttabile accompagnata sino alla fine, e oltre, dalle preghiere e dai canti di milioni di fedeli giunti a Roma da ogni parte del mondo per abbracciare simbolicamente il papa morente.Indescrivibile, ma soprattutto inedita, la commozione registrata in quei giorni, a testimonianza dell’effetto mediatico costituito dal“funerale più partecipato e sentito dalla storia”,si scrisse allora. “Subito santo”, “santo, santo”furono i messaggi gridati allora da una folla di almeno 300mila persone presenti in Piazza San Pietro, a cui fecero eco i cori dei cosiddetti “Papa boys” che, battendo ritmicamente le mani, scandirono ad alta voce il nome con cui Karol Wojtyła aveva scelto di essere investito: “Giovanni Paolo”. E così fu: Giovanni Paolo II è stato santificato nell’aprile 2014, insieme a papa Giovanni XXIII, a soli 9 anni dalla sua morte.
“Papa Giovanni Paolo II è stato il Papa dei primati: il papa che ha più viaggiato, il papa che ha più parlato, il papa delle riunioni interreligiose di Assisi, il papa della famiglia”, ricorda in un’intervista Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio. La pesante eredità del primo papa polacco consegnato alla storia vaticana, se non altro per la straordinaria longevità del suo mandato spirituale, sarebbe stata difficilmente raccolta. È da subito emerso che il suo successore, papa Benedetto XVI, non possedeva quel dono di parlare al cuore delle persone di cui Wojtyła aveva fatto ampio sfoggio, specie nei bagni di folla creati dai suoi frequenti viaggi pastorali nelle comunità cattoliche di tutto il mondo o anche nello straordinario successo che ogni Giornata Mondiale della Gioventù, da lui istituita, aveva registrato. Una popolarità il cui segreto stava proprio nel rendere un incontro pubblico qualcosa di personale e che l’aveva reso “un uomo di popolo”. Il “semo romani, volemose bene, damose da fa” rivolto da papa Giovanni Paolo II ai sacerdoti romani ricevuti in Vaticano all’inizio della Quaresima 2004 rimane un pezzo di storia. Ma l’immagine del papa amatissimo riporta anche quella di un uomo anziano e profondamente debilitato dalla malattia. Niente a che fare con la semplicità e lo spirito di quel “Fratelli e sorelle buonasera”con cui il 13 marzo 2013 l’argentino Jorge Mario Bergoglio si è rivolto per la prima volta ai fedeli in una piazza San Pietro gremita dopo il celebre “habemus papam”.
Oggi la figura di Papa Giovanni Paolo II sembra essere stata messa in ombra in appena due anni dell’avvio del pontificato di Francesco. Primo gesuita a salire sul soglio pontificio, primo extraeuropeo, primo a scherzare di continuo con i suoi fedeli e a farsi immortalare in giovanili selfie. Un’altra serie di primati dunque. Il pontificato di Karol Wojtyła era durato 27 anni, dal 16 ottobre 1978 quando era stato eletto in un periodo storico caratterizzato dalla guerra fredda e dalla divisione del mondo in blocchi legati alle superpotenze Usa e Urss. Il forte anticomunismo e la centralità del messaggio ecumenico furono allora due aspetti della medesima politica di costruzione di ponti tra relazioni e nazioni diverse che rifuggono all’oppressione. Un mondo totalmente diverso da quello in cui scomparve, in cui al crollo del muro di Berlino e al disfacimento dell’Unione Sovietica è seguito un inarrestabile processo di globalizzazione che, di fatto, ha avvicinato e messo in evidenza le stringenti connessioni tra popoli e territori dell’intero pianeta. Ed è in questo mondo che la Chiesa di Francesco ha inaugurato tutta un’altra storia.