Renzi: ultimatum per le riforme

«L’Europa non è altro da noi», «portiamo in Europa un’Italia forte», non alziamo la voce in Ue, «alziamo le ambizioni». Matteo Renzi parla all’Aula della Camera in vista del Consiglio europeo del 26 e 27 giugno e illustra le linee programmatiche del semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea.

Riforme in 1.000 giorni «L’Italia intende presentarsi al semestre con un pacchetto unitario di riforme» che si sviluppa su un «arco di tempo sufficiente, un medio periodo politico di mille giorni: dal primo settembre 2014 al 28 maggio 2017», spiega il presidente del Consiglio a Montecitorio. Un pacchetto di riforme il quale, promette, rende giustizia anche di alcune critiche espresse, comprensibilmente e giustamente magari, al governo in questi primi tre mesi». «Ci hanno detto ‘manca una cornice complessiva, un quadro unitariio’, come se mettessimo dei pezzi del puzzle a caso. Ma la cornice noi l’abbiamo molto chiara. Se non siamo riusciti a spiegare l’orizzonte d’insieme me ne assumo la responsabilità». «Indichiamo un arco temporale ampio, sul quale sfidiamo il Parlamento: vi proponiamo un arco di tempo quasi triennale, 1.000 giorni, in cui individuare, già entro l’1 settembre 2013, in modo esplicito come cambiare il fisco, lo sblocca Italia, come interviene dai diritti all’agricoltura, dalla Pa al Welfare,come migliorare il paese».

Alzare le ambizioni Non bisogna andare in Europa con «la solita macchietta per cui l’Italia deve alzare la voce, alziamo l’asticella delle ambizioni anziché la voce», dice il premier.«Indipendentemente dall’appartenenza politica e dal giudizio delle ultime elezioni, dobbiamo riconoscere che portiamo in Europa un’Italia forte». «Agli italiani e alle italiane forse è mancato non tanto l’autorevolezza ma l’autostima per sentirsi protagonisti del processo europeo». «In questi anni abbiamo dato l’impressione come classe dirigente del paese l’idea di un’Italia che considera il paese come un luogo altro. Ma noi siamo in Europa quando usciamo la mattina di casa», quando «ci guardiamo allo specchio», l’Europa «non è qualcosa di altro da noi».

I parametri «L’Europa non è un insieme di richieste» da avanzare «con spirito preoccupato e sguardo terrorizzato – continua – ma è ciò che saremo in grado di costruire». «Voglio proporre a voi deputate e deputati di fare di questa occasione di dibattito una opportunità perché la politica torni sempre più in Europa a sentirsi a casa propria e non sia una sorta di impedimento alle decisioni della burocrazia e tecnocrazia». Perché «l’Europa non può essere solo la terra di mezzo della burocrazia dove si vive di cavilli, vincoli e parametri». «Milioni di giovani non sono morti perché ci attaccassimo ai parametri».

I precedenti di Francia e Germania «Alle vestali del rigorismo austero e tecnocratico vorrei ricordare che quando l’Italia, nel 2003, presiedeva in Europa, la Germania e la Francia chiesero di sforare il 3%», dice il premier, sottolineando come la Germania avviò allora una «straordinaria stagione di riforme» che ha consentito di «essere fuori, più di altri, dalla crisi».

Le nomine Ue «La discussione sui nomi deve partire dal fatto che il vulnus che si è creato nelle istituzioni europee si colma con la politica, non basta un copia-incolla tecnocratico. O l’Europa ne è consapevole o rischiamo perdere un’occasione storica», aggiunge quindi Renzi. «Prima diciamo dove andiamo, poi chi guida. E apriamo una discussione che sia un accordo complessivo, perché è impossibile immaginare un percorso che privi l’Ue di una visione di insieme». «Non accettare che la discussione sui nomi sia solo una presa d’atto» del voto: va affrontata con il «bagaglio e le emozioni» che lo hanno accompagnato e «riflettere che più dell’indicazione di un presidente» c’è il futuro dell’Ue. «Chi immagina che il gap di democraticità si colmi solo indicando Juncker o un altro vive su Marte».

Affondo sull’immigrazione «Se dobbiamo sentirci dire: ‘Il problema non ci riguarda’, rispondiamo ‘tenetevi la vostra moneta ma lasciateci i nostri valori’», va poi all’affondo il premier sul tema immigrazione. «Non basta avere una moneta, un presidente in comune, una fonte di finanziamento in comune, o accettiamo destino e valori in comune o perdiamo il ruolo stesso dell’Europa davanti a se stessa», sottolinea. Sull’immigrazione in Europa si sono viste prese di posizione «al limite della xenofobia». «Un’Europa che spiega al pescatore calabrese che non può pescare il tonno con una determinata tecnica ma poi quando ci sono i cadaveri si volta dall’altra parte, non è degna di chiamarsi Europa di civiltà», continua, raccogliendo l’applauso dell’Aula.

Il rispetto delle regole «Abbiamo sempre detto che rispettiamo le regole. Non è in discussione: l’abbiamo sempre rispettate e continueremo a farlo ma c’è modo e modo di affrontare le regole», spiega Renzi.

 

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