Renzi ribadisce: “Tfr in busta paga dal 2015”

«Sarebbe bello che il Tfr finisse in busta paga dal prossimo anno». Nonostante la consapevolezza delle difficoltà crescenti (o forse proprio per questo), Matteo Renzi, rilancia dalla sua Enews l’idea, ben consapevole appunto della netta opposizione della Confindustria emersa nei giorni scorsi e dei tanti dubbi nel sindacato.

Per spiegare il suo disegno, il premier descrive nella sua lettera elettronica la filosofia dell’intervento. «Il Tfr, la liquidazione, sono soldi dei lavoratori, che però vengono dati tutti insieme alla fine del rapporto di lavoro – scrive Renzi – La filosofia sembra essere protettiva: te li metto da parte, per evitare che tu li “bruci” tutti insieme». «Uno Stato-mamma, dunque, – prosegue il premier – che sottilmente fa passare il messaggio di non fidarsi dei lavoratori-figli. Io la vedo diversamente: per me un cittadino è maturo e consapevole. E come accade in tutto il mondo non può essere lo Stato a decidere per lui. Ecco perché mi piacerebbe che dal prossimo anno i soldi del Tfr andassero subito in busta paga mensilmente».

I TRE PILASTRI
Chiacchiere? Alla vigilia dell’incontro con i sindacati («Riapro la Sala Verde, sto invecchiando», scherza il premier) e del varo della Legge di Stabilità a Palazzo Chigi iniziano a circolare i primi progetti concreti, a riprova che lo staff del premier cerca comunque di sciogliere i tanti nodi in materia. Il ”piano” si articola essenzialmente su tre punti. Primo: lasciare libero il lavoratore di scegliere tra l’ottenimento immediato del Tfr oppure il suo accantonamento presso l’azienda o presso un Fondo pensione.

Secondo: per evitare un calo della liquidità delle piccole aziende si sta studiando la possibilità di costituire un Fondo della cassa Depositi e Prestiti e delle banche. Questo fondo erogherebbe il Tfr al lavoratore che ne fa richiesta e riceverebbe il Tfr maturato dalle aziende solo al momento della cessazione del rapporto di lavoro. In sostanza il Fondo agirebbe come un prestatore di liquidità con interessi garantiti.

Terzo: niente nuove tasse. Il Tfr anticipato non si sommerebbe al reddito ”normale” e verrebbe tassato secondo le regole previsto per l’attuale Tfr (Irpef con aliquota media degli ultimi 5 anni e prelievo dell’11% sugli interessi). Intorno a questi tre assi ruotano mille incognite ancora da sciogliere. Esempio: vale la pena consentire al lavoratore di ritirare il Tfr maturato in passato oltre al nuovo? Ancora: che fare con i milioni di lavoratori che hanno deciso di versare il Tfr al Fondo pensione di categoria? E poi: quanti soldi potrà incassare lo Stato dall’anticipo? E queste risorse possono essere ustae per ridurre il cuneo fiscale?

Domande cui Renzi risponderà nei prossimi giorni. Nel documento che circola a Palazzo Chigi si ipotizza che se tutti i lavoratori optassero per l’anticipo del Tfr lo Stato incasserebbe 5,6 miliardi in più, se invece le richieste fossero poche le maggiori entrate scenderebbero a 1,7 miliardi. Comunque un bel gruzzolo che potrebbe aumentare ulteriormente l’effetto anti-crisi che è l’obiettivo principe dell’operazione sul Tfr. Renzi sembra consapevole di tutto ciò. «Il lavoro è la nostra emergenza – ha scritto ancora il presidente del Consiglio sulla sua Enews – A tempo debito sarà bello spiegare cosa cambia per un giovane precario, per un cinquantenne disoccupato, per una mamma senza tutele».

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