Renzi: in caso di vittoria alle primarie sosterrò il Governo
Alla fine i fuochi d’artificio non ci sono, e nemmeno le stilettate, le cattiverie, i pugni sul tavolo. I tre aspiranti al timone del Pd fanno prima di tutto attenzione a non far del male al Pd. «Non siamo tesseropoli» dice Renzi. «Abbiamo commesso degli errori, ma siamo l’unico partito democratico» dice Cuperlo. «Chiunque vinca farà bene» dice Civati. Fair play, forse. O forse la consapevolezza che scannarsi vicendevolmente in diretta tv non gioverebbe a nessuno.
SORRISI NEL RETROPALCO
Sul palco di X Factor i «concorrenti» alla segreteria dei Democratici cercano il voto del «pubblico a casa», decisivo per le primarie dell’8 dicembre. E’ l’unico confronto fra i tre, i padroni di casa di Sky ne vanno fieri, nel retropalco non ci sono che sorrisi e strette di mano. Sul palco solo Civati fa un po’ il gianburrasca. Lui, per esempio, il governo lo vuole mandare a casa prima che si può («Legge elettorale e al voto»). Renzi è più possibilista: «Il governo, adesso che Berlusconi non c’è più, siamo noi più pochi altri. Gli daremo una mano a fare le cose. A me piace segnare, ma in una squadra se c’è uno che è messo meglio di te gli passi la palla». E Letta, par di capire, in questo momento è messo meglio di lui.
Per tutti la parola chiave è «cambiamento». Per il rottamatore e per Cuperlo, però, la preoccupazione del momento è fare in modo che il nuovo corso del partito non travolga Letta. Almeno a parole. Renzi lo dice così: «Finora il governo è stato costretto a mettere le bandierine, si all’Imu, no all’Imu, cose così, era come stare al supermercato. Adesso c’è il Pd e altri quattro o cinque partitini. Se vogliamo fare le riforme e la legge elettorale dipende da noi. Se le vogliamo fare le faremo».
I DETTAGLI
Cuperlo dice che bisogna puntare sul lavoro «senza indugi». Civati dice che bisogna fare due cose veloci e poi tutti a casa: «Perché non è Letta che non funziona, né i suoi ministri. E’ il sistema delle larghe intese che non va». Poi però si entra nei dettagli, e allora anche il sindaco diventa meno tenero: «Le privatizzazioni? Si possono fare, ma bisogna farle bene. Svendere il 3 per cento di Eni è un’operazione che assomiglia al compro oro. Non dimentichiamoci che in passato la sinistra ha perso la faccia su Alitalia e sui capitani coraggiosi di Telecom».
Dopo la pausa pubblicitaria arrivano altre punzecchiature a Palazzo Chigi. La spending review così com’è non piace a nessuno, soprattutto a Renzi: «Non si possono fare con i conti dei ragionieri. Bisogna mettere on line i conti della spesa pubblica, gli sipendi dei burocrati, il numero di auto blu. In questo modo si crea una coscienza civile». Civati vuole difendere la spesa sociale, i tagli vanno fatti altrove «e soprattutto devono riguardare lo Stato centrale». C’è anche spazio per dare i numeri. Quanti andranno a votare alle primarie? Chi spera tre milioni, chi due. Cuperlo: «Il nostro è l’unico partito che non vive di personalismi, ma si basa sulla partecipazione dei suoi iscritti e dei suoi elettori». Tutti si proclamano vincitori, anche se solo Renzi fa le cifre: «Conto di arrivare al 51 per cento». I sondaggi lo danno più su, ma non si sa mai. «E comunque vada, continuo a credere che non può essere uno solo a comandare».
Prima degli appelli finali ci sono le adozioni gay (prudente Renzi, irruente gli altri due), il presidenzialismo (che non va a nessuno dei tre ma il ”no” più duro è di Cuperlo), la patrimoniale con il «sì» deciso di Cuperlo e il «no» di Renzi. E c’è anche Berlusconi che incombe come un incubo da esorcizzare: «Mai più subalterni all’agenda del Cavaliere» dice uno dei tre. Ma è come se lo dicessero tutti.