Renzi e Letta: patto per le riforme
Come vincolare Matteo Renzi al patto di coalizione. Più dei contenuti è questo il nodo intorno al quale ci si aggroviglia a palazzo Chigi in questi giorni. Il meccanismo delle consultazioni separate dei segretari, che Enrico Letta e Dario Franceschini inizieranno a fare subito dopo le Befana, sembra ormai acquisito. Come altrettanto scontato il compito di sintesi che toccherà al presidente del Consiglio. Ancora incerto è invece il modo con il quale concludere il passaggio che dovrebbe portare alla stipula di un nuovo accordo in grado di reggere il governo sino al 2015. Il Nuovo Centrodestra e il resto dei centristi temono infatti che il sindaco voglia tenersi le mani quanto più possibile libere. Il fatto di non sedere in Parlamento, a differenza di Alfano, Monti e Casini, rischia infatti di rendere meno vincolante il tradizionale passaggio in aula che solitamente il premier fa al termine delle consultazioni.
DIRETTORIO
D’altra parte che Renzi non abbia nessuna voglia di mettere la sua faccia insieme a quella degli altri esponenti della maggioranza lo si è capito con l’intervista a La Stampa di qualche giorno fa, nella quale Renzi ha sostenuto di non avere «niente in comune con Letta e Alfano». Per non farsi ingabbiare in logiche da prima Repubblica e non entrare in direttori sul tipo dell’ABC (Alfano, Bersani e Casini) che caratterizzarono il governo Monti, Renzi prova ad anticipare tutti convocando per sabato a Firenze la segreteria del partito. Un modo, questo, per dettare l’agenda su legge elettorale, fine del bicameralismo eriforma del lavoro. Tre temi per Renzi fondamentali e che di fatto gli permettono di mettersi in scia con «il coraggio» chiesto dal presidente della Repubblica nel discorso di fine anno. Il venerdì successivo alla segreteria, Renzi presenterà – ovviamente a nome di tutto il Pd – la proposta di legge elettorale, le riforme istituzionali per cancellare il Senato, e la riforma del mercato del lavoro (job-act). Il rimpasto di governo non è invece argomento che appassiona il segretario del Pd, ma un aiuto gli arriva da Scelta Civica che continua a sostenere la necessità del cambio anche di alcune caselle. «Non siamo disposti a suicidarci per questo governo», sostiene il montiano Benedetto Della Vedova. Affermazione che agita i sonni del Ncd che, contando cinque ministri, potrebbero essere chiamati al sacrificio.
SEMESTRE
Per Letta l’argomento dell’eventuale rimpasto va però posto in fondo alla discussione. Primo punto all’ordine del giorno è la scrittura del contratto di coalizione, con tanto di scadenze, entro il mese. Tra le priorità del governo, oltre alla legge elettorale e al tema del lavoro, c’è anche il semestre di presidenza italiana dell’Europa. Il rapporto con Bruxelles e con la Germania rischia di entrare prepotentemente tra i temi della verifica. Si tornerà a chiedere più attenzione alla crescita, ma le difficoltà ad intestarsi un cambio di passo nelle politiche dell’Unione, rendono meno appetibile il ruolo che a giugno spetterà al presidente del Consiglio e rischiano di rendere meno appetibile l’appuntamento anche per Letta. Dal discorso di Capodanno si è compreso che anche per Napolitano il semestre non è più un tabù durante il quale non possano compiersi in Italia passaggi politici significativi. Comprese eventuali elezioni anticipate che, come accaduto in passato, potrebbero tenersi anche a dispetto dell’impegno che dovrà assumere l’Italia. Letta continua a essere convinto che il varo di una nuova legge elettorale non comporti necessariamente l’immediato scioglimento delle camere, ma resta il problema delle riforme istituzionali. Se non dovessero decollare sarà difficile chiedere a Napolitano di restare ancora al suo posto.