Renzi attacca il Pd
Il «qualunquista» di Firenze, quello che «sbaglia i toni», secondo la retorica bersaniana o bersanese, qui a Verona da dove partì la sua campagna per le primarie e dove Renzi sembra in fase di ripartenza per il voto quando sarà ma può essere presto, Matteo fa il bagno di folla. «Io sono di destra ma ti voto», gli dicono molti: imprenditori, commercianti, gente che intende la politica come velocità ossia come – renzianamente – il «non perdere tempo». Nella sala, affianco al patron di Eataly, Oscar Farinetti, che si autodefinisce «renzista» e lo è eccome, di quelli che vogliono lo strappo con il Pd che Renzi non vuole fare, Matteo cerca di non infierire troppo su Bersani che lo ha attaccato: «Pier Luigi ha vinto le primarie ma poi c’è il problemino che non ha vinto le elezioni». E ancora: «Mi hanno appena definito qualunquista soltanto perchè ho detto che non bisogna perdere tempo. Va bene, giuro: non dico più che si perde tempo, loro però potrebbero smettere di perdere tempo. Questo Paese ha bisogno di urgenza e di velocità».
Poi però, lontano da qui, la situazione s’incattivisce. In Toscana i bersaniani, che avevano deciso di scegliere Renzi come grande elettore per le votazioni sul Quirinale e oggi lo avrebbero dovuto votare in consiglio regionale, cambiano idea, a riprova del clima incandescente dentro il Pd.
LA RETROMARCIA
Niente Matteo delegato a Roma e lui, che aveva risposto a Bersani senza calcare la mano, accoglie la notizia in maniera a dir poco amara. Insomma, s’arrabbia. E fa sapere: «Io non ho chiesto nulla. Me lo hanno proposto loro di essere scelto come grande elettore, il che mi faceva piacere. E poi, mi scaricano così. Io che sono sempre leale, e che freno i miei e tutti quelli che mi dicono di strappare, vengo trattato così». Il clima è quello che è, ormai. Renzi potrebbe vendicarsi, ma non sembra intenzionato a farlo.
Potrebbe con qualche voto dell’opposizione di centro o di centrodestra farsi votare come grande elettore ma «io sono leale», ribadisce, «e non faccio strappi». Ha detto infatti ai renziani del consiglio regionale di votare per Monaci come grande elettore, presidente dell’assemblea, fratello di quello dello scandalo Monte dei Paschi e uno dei bersaniani meno convinti di delegare Matteo nelle votazioni per il Quirinale. E comunque: «Il Pd è la mia casa e qui resterò. Odio i partitini personali», è il mantra del Rottamatore. Anche se «in questa casa c’è molto da cambiare» e intorno a quella casa, come dimostra il viaggio nel Nord-est, la renzimania dilaga. E lui: «Chi mi ha criticato perchè sono andato da Amici pensa che il voto di un ragazzino che guarda quella trasmissione vale meno di quello di un signore che la critica».
Nella città di Giulietta e Romeo, arriva anche la notizia dell’incontro tra Berlusconi e Bersani. Che può avere un retrogusto di patto anti-Renzi, perchè l’ex premier e il no premier hanno tutto da perdere di fronte alla freschezza dell’outsider che primeggia in ogni sondaggio di popolarità. Ma Matteo mostra di non temere troppo la cosa: «Basta che decidano qualcosa», ripete. Non riuscendo a mascherare tutto il suo scetticismo sulla politica che non decide.