Renzi accelera sul nuovo Senato: Forza Italia si rispettino i patti

Per Matteo Renzi la velocità del cronoprogramma per le riforme sembra essere assunta a condizione del suo stesso successo. Ma, dopo l’approvazione dell’Italicum alla Camera, è il Senato l’imbuto dal collo sempre più stretto da cui far uscire i vari progetti per il riassetto politico-istituzionale del Paese. Annunciando per domani il Consiglio dei ministri che licenzierà il ddl sulla riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione, il premier sembra subordinare la riforma elettorale a quella del bicameralismo, anche per la difficoltà, nell’attuale situazione, ad andare eventualmente alle urne con due sistemi di voto totalmente divergenti tra Camera e Senato. Ma qui sembra cadere l’asino destinato a trainare il carretto del pacchetto riforme uscito dal famoso incontro al Nazareno tra Renzi e Berlusconi. E’ infatti Forza Italia a denunciare la «rottura del patto» stabilito con il leader del Pd di avere al più presto una nuova legge elettorale pronta per l’uso. «Invertire l’ordine tra Italicum e ddl sul bicameralismo contravviene all’accordo», afferma il capogruppo di FI al Senato, Paolo Romani, richiamando Renzi al rispetto dei patti. Ed è “Il Mattinale”, la nota politica redatta dallo staff del capogruppo alla Camera Renato Brunetta, a scrivere: «Patto e ri-patto. Una volta si sarebbe chiamata verifica. Diciamo che è necessario rivificare il Patto o dichiararne la morte. Bisogna che Renzi e Berlusconi si rivedano, altrimenti il Patto diventa un peso in più». A criticare aspramente il segretario del Pd è anche Giovanni Toti: «Mi sembra che Renzi – accusa il consigliere politico dell’ex Cavaliere – abbia preso un vizio da democrazia sovietica: decidere prima nella Direzione del partito, poi dire cosa deve fare al Consiglio dei ministri e quindi portare testi “prendere o lasciare” alle Camere. Ma a questo non ci stiamo». Quanto all’atteggiamento degli azzurri, Toti dice: «FI vuole continuare a collaborare sulle riforme su cui si è impegnato Berlusconi, ma non su testi preconfezionati dalla Direzione del Pd». Berlusconi, da parte sua, telefonando a uno dei nuovi club “Forza Silvio”, mette altra carne sul fuoco delle riforme cavalcando un tema non nuovo del suo repertorio, quello dei maggiori poteri da dare al premier: «Abbiamo un primo ministro – dice l’ex presidente del Consiglio – che non ha poteri, che non può cambiare i ministri, al contrario dei suoi colleghi di altri Paesi». Ribadito che «il capo dello Stato deve essere eletto direttamente dai cittadini», Berlusconi indica anche la strada per velocizzare i lavori del Parlamento e dare più forza ai provvedimenti del governo: «I disegni di legge vadano in una sola Camera, possibilmente dimezzata nei suoi componenti, e con un massimo di 100-120 giorni per essere discussi e approvati».

PUZZLE DA COMPORRE
Toccherà a Renzi comporre il puzzle dell’itinerario delle riforme, in un quadro poco lineare di spinte contrapposte. Ottenuto il sì compatto della Direzione di venerdì del suo partito, il premier, se da un lato si trova a fronteggiare l’ingiunzione di FI al rispetto dei patti, dall’altro deve rispondere all’appello degli alfaniani a una maggiore compattezza della maggioranza anche in tema di legge elettorale. Nel Ncd si fa leva su un argomento che non lascia insensibile una parte del Pd, quello delle preferenze. Il sottosegretario Simona Vicari afferma infatti che «le preferenze sono l’unico vero colpo in canna per cambiare la politica e l’Italia. Noi – annuncia – continueremo la battaglia per cambiare l’Italicum».

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