Renzi a lavoro per il nuovo governo
La Borsa vola. Dall’estero arrivano paragoni incoraggianti («Renzi, l’Obama italiano»), come dalle imprese che scommettono su interventi choc. Interventi in grado di far ripartire l’economia. La necessità di non deludere le attese spinge però il sindaco di Firenze a seguire il consiglio a «non aver fretta» che il ministro Graziano Delrio gli lascia al termine delle due ore di colloquio a palazzo Vecchio. E’ il programma in file excel, con tanto di scadenze, il nodo principale sul quale si sta esercitando Renzi in attesa di ricevere – forse stasera – da Giorgio Napolitano l’incarico di formare il governo. Se così sarà, Renzi dovrà rinunciare alle partite della Fiorentina, ma difficilmente sposterà la riunione della giunta comunale di Firenze fissata per lunedì mattina, così come non ha rinunciato ieri agli appuntamenti fiorentini da tempo in agenda. Prima di metà della prossima settimana sarà quindi difficile che il nuovo governo possa presentarsi alle Camere per la fiducia.
TENSIONI
I problemi, ovviamente, non mancano. Per tutta la giornata di ieri sono arrivate sul tavolo del sindaco di Firenze, una tale mole di ”suggerimenti” da convincerlo a staccare il telefono per un bel po’. Sul piede di guerra il Ncd, principale alleato di governo, che reclama tre posti da ministro, ma tensioni si avvertono anche nell’Udc e financo nel Pd nel quale la minoranza ha messo a punto un documento i cui contenuti dovrebbe entrare a far parte del programma del nuovo governo. Il segretario del Pd non sembra preoccuparsene molto e ieri sera ha azzerato con una risata anche i totoministri che impazzano sulla rete e sui giornali. Per dimostrare di voler archiviare la fase di galleggiamento del governo-Letta, Renzi ha la necessità di presentare un programma di ”rottura” che non si fermi alla modifica del mercato del lavoro, al taglio delle tasse e della spesa pubblica, all’edilizia scolastica e alle riforme elettorali ed istituzionali. L’obiettivo principale resta quello di costringere Bruxelles ad un cambio di passo in grado di contenere Berlino che ieri non a caso si è fatta tempestivamente sentire con il saluto della Cancelliera.
SEMESTRE
Il semestre di presidenza italiana dell’Europa, che inizia a giugno, è per Renzi un’occasione molto ghiotta per scaricare il peso che gli conferisce la carica, sull’agenda dell’Unione. La scelta del ministro per le Politiche Comunitarie, insieme a quella del responsabile dell’Economia, rappresentano quindi le caselle più complicate da riempire, anche perché con loro Renzi intende avere «la massima sintonia», archiviando di fatto la lunga stagione nella quale via XX Settembre si muoveva in maniera semi-autonoma da palazzo Chigi.
Il segretario del Pd punta ad un’accelerata forte dell’azione del governo anche per recuperare lo sconcerto che nell’elettorato del Pd, e non solo, sta provocando il repentino cambio di inquilino di palazzo Chigi. Il cambio di passo dovrà essere veloce anche perché alle elezioni Europee, primo banco di prova della gestione-Renzi, mancano meno di due mesi. Per quella data il segretario del Pd e futuro premier, intende portare a casa la legge elettorale (votata a Montecitorio) e un primo e corposo intervento sul lavoro tagliando in maniera consistente il cuneo fiscale. Anche ieri Renzi ha rassicurato l’azzurro Verdini che l’impegno preso con Berlusconi sulle riforme non cambia, anche se è probabile che dopo il primo passaggio la legge elettorale si fermi al Senato in attesa che si compia un primo passaggio della riforma istituzionale. Renzi è convinto di avere il tempo dalla sua parte e non sembra preoccuparsi più di tanto dei veti che arrivano e arriveranno dai leader dei partiti che dovrebbero comporre la maggioranza e che incontrerà uno ad uno prima di presentare la lista dei ministri al Quirinale.
NOMINE
L’esecutivo sarà snello nel numero dei ministri 12 o 15, ma più corposo di quello Letta per viceministri e sottosegretari anche per rispondere agli impegni che tutti i dicasteri avranno in vista del semestre italiano di presidenza europea. Non c’è dubbio che la valanga di nomine che il governo dovrà effettuare nelle prossime settimane (in ballo oltre cinquecento poltrone), sarà una buona stanza di compensazione per accontentare gli alleati che saranno gli stessi che hanno sostenuto il governo-Letta (il Ncd di Alfano, l’Udc di Casini, la Scelta Civica della Giannini, i socialisti di Nencini e il Centro Democratico di Tabacci e Pisicchio), ma con corposi innesti di singoli parlamentari provenienti da Sel e M5S.