Per il nuovo Senato previsto il risparmio di 250 milioni di euro l’anno

Zitti zitti i senatori della Commissione Affari Costituzionali hanno inserito nel testo della nuova Costituzione un codicillo-bomba: nelle disposizioni finali, sotto forma di un anomimo «comma2-bis all’articolo 34», si prevede che entro la fine della legislatura le amministrazioni di Camera e Senato saranno unificate. Se ne parla (a vuoto) da una vita dell’assurdità di avere alla camera e al Senato due super-burocrazie distinte ma doppioni le une delle altre. Ecco due segretari generali con stipendi lordi annui superiori ai 400 mila euro al mese. Due uffici acquisti con relative ghiotte stazioni appaltanti, due servizi informatici, due dirigenti per due servizi di vigilanza. Un fluorilegio di doppioni, vera passione di superburocrazie con superstipendi incorporati (alla Camera un centinaio di dipendenti superano il tetto dei 240 mila euro lordi in vigore da maggio per tutti gli altri dirigenti dello Stato).

Fluorilegio che sfocia però, assurdità nell’assurdità, in due contratti di lavoro diversi. I dipendenti del Senato e quelli della Camera hanno infatti orari di lavoro diversi, permessi calcolati con orari ad hoc e persino straordinari calcolati ognuno alla propria maniera. Microcontratti frutto della passione italiana per le microcorporazioni, testimoniata dall’incredibile moltiplicazione dei sindacati che per i 1.475 dipendenti della Camera sono 11 e addirittura 14 per gli 840 dipendenti del Senato.

Il fatto che si sia dovuto ricorrere ad una norma costituzionale (il comma-bomba è condiviso da ben 10 senatori, primo firmatario Ugo Sposetti (Pd), ed è stato votato anche dai grillini) per riformare questo mondo la dice lunga sulla difficoltà di riportare anche questo spezzone di superburocrazia a regole moderne e compatibili con un Paese che è al suo sesto anno di crisi economica. 

Gli obiettivi «Ma non è soltanto una questione di risparmio che pure c’è – spiega Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato e presidente del comitato che governa il personale di Palazzo Madama – Il primo obiettivo del ruolo unico è quello di riformare le amministrazioni parlamentari secondo efficienza e razionalizzazione». 

«D’altra parte con i nuovi compiti del Senato – prosegue Fedeli – era inevitabile anche alla riforma dei servizi amministrativi che sono già qualificati ma dovranno ridefinire la loro missione per compiti più complessi poiché Palazzo Madama dovrà occuparsi, ad esempio, anche di questioni europee». Ma non è finita qui. «In futuro – chiosa la vicepresidente del Senato – dovremo affrontare anche la questione previdenziale nel quadro della riforma dei Bilanci di Camera e Senato».
Cosa c’è dietro questi tecnicismi? Decisa l’unificazione delle amministrazioni del Senato e della Camera resta da sciogliere un nodo molto importante: quello delle pensioni. Nel 2013 il Senato ha pagato per la previdenza dei propri dipendenti a riposo la bellezza di 115 milioni. Un’enormità: poco più del 20% di tutte le sue risorse. La Camera sta pure peggio: è al 25% circa (236 milioni su 950). Ma le spese per le pensioni di Camera e Senato aumenteranno ancora nei prossimi anni mentre il Tesoro chiede di ridurre le spese. E così la voce ”previdenza” sta diventando un incubo poiché impedisce ogni investimento ad entrambe le Camere. Di qui l’ipotesi di trasferire questa voce presso un apposito fondo Inps, senza tagli per le pensioni dei dipendenti (che sono già colpite da un superprelievo deciso dal governo Letta). Questa manovra alleggerirebbe i bilanci delle Camere.
Già, ma la riforma del Senato e l’unificazione delle amministrazioni quanto farà risparmiare agli italiani? Un conteggio di massima che circola nei corridoi di Palazzo Madama indica in 250 milioni annui la cifra più realistica. Oggi (vedi tabella) il Senato spende circa 550 milioni annui. Circa 200 sono assorbiti dalle pensioni di ex senatro e di ex dipendenti e questa voce è incomprimibile. E’ praticamente certo, invece, il risparmio di almeno 70 degli 80 milioni che oggi sono assorbiti dagli stipendi e dai rimborsi dei 320 senatori (compresi quelli a vita) poiché i 100 senatori futuri avranno diritto solo al rinborso delle spese vive.
Altri 180 milioni potrebbero arrivare dalla drastica riduzione del personale addetto al nuovo Senato (gli 870 dipendenti attuali assorbono 128,4 milioni all’anno), dall’eliminazione degli uffici-doppione e dalla riduzione di voci ampiamente comprimibili come quella dei trasporti. Che nel 2013 sono costati al Senato ben 7,5 milioni.

 

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