Partito Democratico: partito distrutto

Bersani assicura che non andrà «all’estero» ma, con le dimissioni sue e della segreteria, il Pd apre il congresso anticipato che, forse attraverso una reggenza, porterà ad un nuovo leader ma, visti i passaggi, non prima di settembre. Nessuno, però, sa se per allora il partito esisterà ancora visto che la guerra intestina degli ultimi giorni, ammettono in molti, «ha fatto implodere il Pd». E il rischio che si paventa è che il Pd si spacchi in due, se non addirittura in tre, dopo che oggi l’endorsement di Vendola e Barca per Rodotà viene unanimamente interpretato come l’avvio dell’Opa ostile sul Pd.  L’ultimo giorno di Bersani da segretario finisce nella commozione in cui il leader si scioglie subito dopo la rielezione di Giorgio Napolitano, per il quale il segretario si spende dopo gli insuccessi per portare al Colle Franco Marini e Romano Prodi. L’ex leader lascia il testimone al vice, Enrico Letta, che però difficilmente guiderà, da solo, il partito fino al congresso. Sia perchè, nonostante le smentite, Letta è dai più indicato come il vicepremier di un futuro governo del presidente. Sia perchè in un partito del ‘tutti contro tuttì nessuno si fida più di nessuno, tantomeno del vice che per mesi ha sostenuto con lealtà le scelte del leader. «Basta con i soliti noti che fanno i soliti errori», sentenzia Giuseppe Fioroni, che chiede una gestione collegiale.  Ma, al di là delle rivalità personali, l’impressione è che il Pd negli ultimi giorni sia stato ridotto a «monadi» che vagano, polverizzando la ‘dittà. Il punto di rottura è che, evidenzia un vecchio dirigente ex Dc, «nella Democrazia Cristiana e nel Pci ci si scannava dentro le riunioni ma poi, una volta votata la linea, ci si adeguava». Ed invece sia su Marini sia su Prodi, si sono scaricati i franchi tiratori, i «traditori» come li ha bollati Bersani nella drammatica riunione di ieri sera, dietro ai quali, sostiene Dario Franceschini, «bisognerebbe correre dietro con un bastone».  Timore che aveva fatto ipotizzare oggi di far segnare le schede per votare Napolitano perchè, sostiene un dirigente, siamo ad un punto tale che «camminiamo come equilibristi del circo sul filo».  Ora si dovrà vedere quanto profonda è la ferita aperta nel partito. «Dentro il Pd c’è da fare una grande pulizia», sospira Enrico Letta, sperando che basti a non fare dissolvere il partito. Ma i più giurano che il Pd si spaccherà e l’assaggio si avrà sulla fiducia al governo di larghe intese. Con molto sospetto, infatti, si guarda dentro il Pd alle mosse di Nichi Vendola sul ‘cantierè della sinistra. E al sostegno di Fabrizio Barca pro Rodotà che, spiega maligna una dirigente, «è una dichiarazione di intenti molto più efficace delle 47 pagine del suo manifesto». Al nuovo partito di Barca sembra guardare il sindaco di Bari Michele Emiliano, alcuni esponenti della sinistra Pd ma, almeno per oggi, non i ‘giovani turchì che puntano piuttosto alla scalata al vertice del partito in vista del congresso. C’è poi un altro settore del Pd, i renziani, da sempre guardati con più sospetto, indiziati di poter uscire dal partito per fare un altro movimento magari insieme ad alcune aree di scelta civica. Ancora una volta Matteo Renzi oggi smentisce: «il Pd ha l’occasione di cambiare davvero, senza paura e noi ci proveremo», sostiene il sindaco di Firenze aggiungendo di non sapere ancora se si candiderà al congresso. Al quale, stasera ormai sembra di poter escludere, non andrà in ticket con Fabrizio Barca, «singolare e intempestivo» per il ‘rottamatorè nella sua scelta di campo di oggi a sostegno del candidato del M5s al Colle.

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