Papa Francesco apre ai divorziati
Nell’esortazione Amoris Laetitia il Papa apre ai sacramenti ai divorziati risposati, che «devono essere più integrati nelle comunità cristiane» e per i quali si deve valutare quali «forme di esclusione» «possono essere superate». Francesco indica la via del discernimento dei singoli casi e l’accompagnamento pastorale in un’ottica di pentimento, tenendo conto che «il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi» e «gli effetti di una norma non devono essere sempre gli stessi», «nemmeno per quanto riguarda la disciplina sacramentale».
Il Papa esplicita in una nota, riferendosi a quello che può fare la Chiesa per integrare i divorziati risposati: «In certi casi potrebbe essere anche l’aiuto dei sacramenti». E ricorda la sua Evangelii Gaudium nella quale scriveva che «il confessionale non deve essere una sala di tortura» e che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli». Per quello che era il nodo più controverso dei due Sinodi sulla famiglia e dell’intera pastorale familiare, papa Francesco, citando ampie parti della Relatio finalis del Sinodo 2015, spiega che«i divorziati che vivono una nuova unione possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e pastorale. Una cosa – osserva – è una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe».
La Chiesa riconosce «situazioni in cui ‘l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione’. C’è anche il caso di quanti hanno fatto grandi sforzi per salvare il primo matrimonio e hanno subito un abbandono ingiusto, o quello di ‘coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido’». «Altra cosa invece – prosegue – è una nuova unione che viene da un recente divorzio, con tutte le conseguenze di sofferenza e di confusione che colpiscono i figli e famiglie intere, o la situazione di qualcuno che ripetutamente ha mancato ai suoi impegni familiari».
Secondo il Pontefice, «dev’essere chiaro che questo non è l’ideale che il Vangelo propone per il matrimonio e la famiglia». Il «discernimento dei Pastori», quindi, «deve sempre farsi ‘distinguendo adeguatament’», e sapendo che«non esistono ‘semplici ricette’». Comunque, «i battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo». La «logica dell’integrazione» è «la chiave del loro accompagnamento pastorale, perchè non soltanto sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza». «La loro partecipazione – spiega il Papa – può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo».
Questa integrazione «è necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere considerati i più importanti». Bergoglio spiega come, tenendo conto «dell’innumerevole varietà delle situazioni concrete», «non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi. È possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poichè ‘il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi’, le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi».
E in una nota il Papa aggiunge: «Nemmeno per quanto riguarda la disciplina sacramentale, dal momento che il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave». I sacerdoti hanno quindi il compito di «accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo. In questo processo sarà utile fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento».
Mentre «una sincera riflessione può rafforzare la fiducia nella misericordia di Dio che non viene negata a nessuno, il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere». No, comunque, a «messaggi sbagliati, come l’idea che qualche sacerdote possa concedere rapidamente ‘eccezioni’, o che esistano persone che possano ottenere privilegi sacramentali in cambio di favori»: insomma no a dare l’idea «che la Chiesa sostenga una doppia morale». In ogni caso, «non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta ‘irregolarè vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante». E allo stesso tempo »le norme generali «non possono abbracciare tutte le situazioni particolari».
«Nessuno può pensare che indebolire la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio sia qualcosa che giova alla società. Accade il contrario: pregiudica la maturazione delle persone, la cura dei valori comunitari e lo sviluppo etico delle città e dei villaggi». Così il Papa nell’Amoris Laetitia. «Le unioni di fatto o tra persone dello stesso sesso, per esempio, non si possono equiparare semplicisticamente al matrimonio. Nessuna unione precaria o chiusa alla trasmissione della vita ci assicura il futuro della società». Secondo Francesco, «non si avverte più con chiarezza che solo l’unione esclusiva e indissolubile tra un uomo e una donna svolge una funzione sociale piena, essendo un impegno stabile e rendendo possibile la fecondità».
La persona omosessuale «va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ‘ogni marchio di ingiusta discriminazionè e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza». Lo dice il Papa nella Amoris Laetitia, aggiungendo però – e riprendendo tale concetto dalla Relazione finale del Sinodo – che «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia».
La Chiesa, afferma Francesco nella sua esortazione post-sinodale sulla famiglia, «conforma il suo atteggiamento al Signore Gesù che in un amore senza confini si è offerto per ogni persona senza eccezioni». «Con i Padri sinodali – prosegue – ho preso in considerazione la situazione delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, esperienza non facile nè per i genitori nè per i figli. Perciò desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ‘ogni marchio di ingiusta discriminazionè e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza». «Nei riguardi delle famiglie – aggiunge il Pontefice – si tratta invece di assicurare un rispettoso accompagnamento, affinchè coloro che manifestano la tendenza omosessuale possano avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita».
Nel corso del dibattito sulla dignità e la missione della famiglia, sottolinea ancora il Papa, «i Padri sinodali hanno osservato che ‘circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglià». «Ed è inaccettabile – conclude sempre citando la Relatio finalis – ‘che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il ‘matrimoniò fra persone dello stesso sesso’».