Nola, stratificazioni invisibili: possono coesistere trasformazione urbana e tutela del patrimonio storico?
Nola – Storicamente la posizione centrale di Nola, nella vasta pianura della Campania Felix, ne ha fatto una località ambita dai conquistatori.
Purtroppo, delle imponenti fortificazioni che cingevano la città in epoca romana, prima, e nel medioevo, dopo, restano pochissime testimonianze.
Infatti, tra la fine del settecento e l’inizio dell’ottocento le mura, poco alla volta, vennero abbattute e le aree di sedime utilizzate come suoli edificabili. La rivoluzione industriale, l’aumento di popolazione e lo sviluppo di armi sempre più potenti resero priva di utilità la funzione difensiva muraria.
A seguito di recenti lavori che hanno interessato la vasta area della cosiddetta “ex palestra Carducci”, annessa al Palazzo Piccolo Marchese della Schiava, in via Merliano, è emersa una straordinaria testimonianza delle strutture difensive realizzate a partire dal 1596 dall’architetto spagnolo Pier Luigi Scribà, durante il vicereame spagnolo, il quale sostituì la quattrocentesca cortina difensiva fatta costruire dagli Orsini.
Altro frammento visibile è la porta Napoli, in Piazza Giordano Bruno, con, a pochi passi, il cordone murario che delimita la cosiddetta “travaglia”.
Molti altri tratti della cortina difensiva sono ancora presenti qua e là nel centro storico di Nola.
Nell’immagine, allegata all’articolo, si propone una lettura inusuale, ma ben visibile, della forma di una delle sette punte difensive della cinta muraria di Nola, vista dall’alto sul versante settentrionale, costruita dall’architetto spagnolo Pier Luigi Scribà.
Oggi il bastione a punta dello Scribà appare disegnato dagli edifici che sono stati costruiti su di esso.
Nel corso del tempo eventi calamitosi, logiche di necessità ed una scarsa sensibilità per la tutela hanno determinato a Nola, ma anche in altre città, la scomparsa di molte testimonianze storiche e artistiche.
E’ chiaro che le esigenze di crescita e dello sviluppo urbano risultano spesso inconciliabili con la tutela, si pensi alle vaste aree archeologiche che la città di Nola include nel suo sottosuolo.
Ma c’è un modo per far coesistere trasformazione urbana e tutela del patrimonio storico?
Potrebbe essere significativo in tal senso un programma di integrazione, ovvero far coesistere in maniera armonica i “frammenti” storici superstiti e le trasformazioni urbane necessarie alla città. Una coesistenza dove il tessuto storico possa costituire non un impedimento ma un valore aggiunto per le nuove trasformazioni.
Naturalmente un tale programma richiede la conoscenza, la chiara individuazione e la catalogazione del nostro patrimonio storico, artistico e architettonico di cui ancora siamo sprovvisti.
di Maurizio Barbato