Meno tasse per le famiglie più bisognose
La «complicata questione del quoziente familiare sarà affrontata nella delega fiscale». L’impegno di modificare il meccanismo di tassazione italiano lo ha preso pochi giorni fa Matteo Renzi rispondendo su twitter a un contribuente. Ed ora si studia come accontentare il premier che, una volta chiusa la partita del taglio Irpef, punta dare un segnale alle famiglie sacrificate dalle prime mosse fiscali del governo. Quel che ha in testa Palazzo Chigi lo ha indicato anche il sottosegretario Graziano Delrio accennando alla necessità che, al momento di tassare, lo Stato “tenga in giusto conto il carico che le famiglie sopportano per i figli”. La traduzione tecnica di questa filosofia, per l’appunto, è il quoziente familiare. Vale a dire il sistema di imposizione che tiene conto dei carichi familiari.
L’ESEMPIO DI PARIGI
In pratica è un metodo di calcolo, adottato per esempio in Francia con un certo successo, che parametra l’applicazione dell’imposta sul reddito all’insieme dei redditi dei membri della «famiglia fiscale», composta dal contribuente, dal coniuge, dai figli minorenni e dalle persone invalide.
In pratica, una rivoluzione rispetto al sistema in vigore in Italia, dove la tassazione ha una logica individuale (temperata però dalle detrazioni per i carichi familiari) che penalizza i nuclei numerosi. «Gli 80 euro dati a un single – ha infatti spiegato recentemente Renzi prendendo ad esempio gli sgravi in vigore dal mese di maggio – hanno un impatto diverso rispetto a un padre di famiglia monoreddito con 4 figli. Dobbiamo porci il problema: l’Italia non può permettersi il lusso di trattare male chi ha figli». Al ministero del Tesoro, con estrema cautela, hanno cominciato a mettere le testa sulla possibile introduzione del quoziente.
Una opzione intorno alla quale, in verità, si discute senza effetti pratici da anni. L’ultimo disegno di legge dorme in parlamento dal 2009: il governo punta a rispolverarlo. In che modo? A grandi linee la strategia che si intende seguire è la seguente: tutte le entrate della famiglia vengono sommate e poi divise per il numero dei componenti in modo da tassare non più il reddito unitario quanto il reddito disponibile per ogni componente la famiglia.
I MECCANISMI
«A parità di reddito familiare – sintetizza un fonte ministeriale – l’imposta deve decrescere all’aumentare dei componenti e questo accade riducendo la progressività dell’imposizione al crescere dei componenti la famiglia». Ovviamente, il meccanismo verrebbe dotato di opportuni correttivi per evitare di produrre l’effetto contrario e quello desiderato. E cioè penalizzare le famiglie a basso reddito favorendo invece quelle più facoltose che verrebbero senza dubbio sostenute dalla progressività della curva Irpef. Così si ipotizzano almeno due clausole di salvaguardia.
La prima consisterebbe nel consentire alla famiglie per le quali il quoziente risultasse svantaggioso (sotto i 25 milaeuro) di poter mantenere l’attuale sistema di detrazioni per i familiari a carico.
La seconda escluderebbe dal quoziente (a meno che, ovviamente, in famiglia non sia presente un elevato numero di figli ) i redditi sopra i 55 mila euro. Chi ha cominciato a studiare il dossier, in Via XX Settembre, ha ben chiaro l’ostacolo principale dell’operazione: le ristrettezze di bilancio. Il quoziente sgonfierebbe le entrate fiscali e una indagine Eurispes, che ipotizza un risparmio medio di circa 800 euro per una famiglia tipo, valuta in 3 miliardi di euro la perdita di gettito.
Per questa ragione proprio come avviene in Francia, dove peraltro nel 2013 il presidente Hollande ha stretto i cordoni della borsa del quoziente, dovrebbe essere introdotto un limite oltre il quale non è più possibile ridurre le imposte. Insomma, la partita è aperta anche se Renzi ha indicato chiaramente che la prossima sfida si gioca proprio per dare più soldi alle famiglie con figli.