Letta tuona contra gli anti-europeisti

«Fermarsi a guardare la pagliuzza delle differenze rispetto alla grandezza globale è pura miopia che può far vincere una singola campagna elettorale ma alla fine costruire solo macerie». Così il premier, Enrico Letta, a un convegno sull’Europa a Milano.

«Fermarsi a guardare la pagliuzza della differenza tra noi e la Germania, tra il Portogallo e la Slovenia è pura miopia – ha sottolineato Letta – che può servire a far vincere una singola campagna elettorale ma costruirà solo macerie». E dunque quella che si ha davanti è «una sfida politica straordinariamente coinvolgente» secondo il premier nella quale bisogna mettere «coraggio e cuore» e anche «rischiare forza e leadership». Si tratta di una battaglia a livello europeo. «Questa battaglia dobbiamo farla per l’Europa, che servirà ai nostri figli», ha detto ancora Letta tra gli applausi, compreso quello di Mario Monti, che era seduo in prima fila.

«A Bruxelles diremo che l’unione bancaria deve essere raggiunta: l’unione bancaria, lo so, non evoca un sogno ma è indispensabile», ha detto ancora il premier. Letta ha sottolineato che «senza l’unione bancaria l’Europa è affondata» nella crisi e ha aggiunto che «è importante per evitare l’avvitamento». Per l’Ue Letta ha parlato dell’importanza dei progetti per un’unione bancaria, politica, economica e fiscale, un risultato che dovrà essere raggiunto in dieci anni e in cui – ha sottolineato – l’Italia sarà «all’avanguardia».

Contro i nuovi giganti emergenti nel mondo, l’Europa deve essere unita e usare il suo «soft power» per continuare ad essere influente, ha poi sostenuto il presidente del Consiglio. «Tutti dobbiamo renderci conto che dobbiamo essere uniti, capendo che è più quello che ci unisce che quello che ci divide. E a quei livelli», ovvero nella sfida alle nuove potenze emergenti, «rendere influenti i nostri valori. Dobbiamo far sì che siamo ancora vincenti nel mondo con il nostro straordinario soft power che ci faccia recuperare quello che non abbiamo, le dimensioni. Se lo vogliamo, dobbiamo usarlo tutti insieme». È questa, secondo il premier, l’eredità da lasciare ai nostri figli che «valuteranno se consegniamo un’Europa divisa e ininfluente o se siamo in grado di unirci e superare le difficoltà».

 

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