Legge di stabilità, i sindacati chiedono rassicurazioni

Annunciano la mobilitazione e si dicono pronti allo sciopero. Può suonare rituale la parola d’ordine con la quale i sindacati confederali della pubblica amministrazione hanno risposto alla legge di Stabilità appena sbarcata in Senato, chiedendo l’avvio della trattativa per arrivare ad “un contratto vero”. 

Ma in questo autunno 2015 la situazione del pubblio impiego appare particolarmente incandescente, come dimostra anche la protesta di circa 2 mila dipendenti del ministero dell’Economia (che è poi il luogo dove la manovra viene concretamente scritta) segnalata da un’altra sigla sindacale, Confsal-Unsa. I lavoratori del Mef, usciti nei corridoi e nei cortili del palazzo di Via Venti Settembre, sono sul piede di guerra per la vicenda dei rinnovi contrattuali ma amche per il taglio del salorio accessorio realizzato con il recente assestamento di bilancio.

Le distanze appaiono quasi incolmabili. Il governo mette sul piatto 300 milioni per le amministrazioni centrali e chiede agli altri enti di attingere ai propri bilanci, indicando come livello di riferimento per i possibili incrementi salariali il 65 per cento dell’indennità di vacanza contrattuale, ovvero della somma che viene concessa in assenza di rinnovo.

I sindacati non solo giudicano questa cifra irrisoria, pur in presenza di un’inflazione ai minimi storici, ma dopo la sentenza della Corte Costituzionale che impone allo stato di tornare la tavolo vedono nella tornata contrattuale l’occasione per recuperare almeno una parte di quanto perso in 5-6 anni di blocco effettivo dei contratti e delle retribuzioni di fatto.

E reclamano quindi un incremento medio di 150 euro al mese. Nel comunicato congiunto i segretari di Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-Pa chiedono al governo di «smetterla con le provicazioni». E sembrano disposti anche ad affrontare la dose di impopolarità che gli scioperi, in particolare nei servizi pubblici, di questi tempi portano con sé.

 

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