La Cancellieri ottiene la fiducia alle Camere

«Ho viaggiato per mezza Europa. Sono stanca e mi fa male il braccio. Domani vado in ospedale, devo operarmi nuovamente». Anna Maria Cancellieri ha appena concluso la giornata più lunga della sua vita da ministro della Giustizia, certa che la mozione di sfiducia presentata dal Movimento Cinque Stelle sarà respinta. Sono le 19 quando lascia in fretta l’emiciclo di Montecitorio. Sale in auto e tra le tante telefonate fatte e ricevute ce n’è una che più di tutte la rassicura sulla prosecuzione di quel mandato che si era detta pronta a rimettere se fosse venuta meno la fiducia e «la stima istituzionale» nei suoi confronti: la chiamata del Capo dello Stato.

Preceduta da quelle strette di mano che il premier Enrico Letta le ha pubblicamente elargito in aula, sedendo al suo fianco sia al Senato che alla Camera.

IL RAMMARICO Al quinto giorno di repliche e smentite indignate alle accuse di aver favorito la scarcerazione di Giulia Ligresti e di aver dato solidarietà alla compagna del patron della Fonsai, Cancellieri è riuscita a convincere la maggioranza grazie a un passaggio inserito in extremis. Due parole: «mi dispiace», molto apprezzate dal Pd. Un’intera frase che viene riferita alla telefonata intercettata con Gabriella Fragni, l’amica di vecchia data compagna di Salvatore Ligresti che aveva tentato di consolare offrendole disponibilità, che suona come un’ammissione: «Mi rendo conto che alcune espressioni usate in quella telefonata possano aver ingenerato dubbi sul senso delle mie parole. Mi dispiace che sia stato così e mi rammarico di aver fatto prevalere i sentimenti sul doveroso distacco che il ruolo di ministro avrebbe forse dovuto imporre».

DA STRASBURGO A ROMA I toni usati in Aula sono molto diversi da quelli che l’energico ex prefetto aveva pronunciato alla vigilia della sua informativa alla Camera. Il momento di riflessione, per un cambio di passo, è stato sul volto di Stato che l’ha riportata a Roma da Strasburgo, dove ha tentato di convincere il Consiglio d’Europa sulle riforme in tema di carceri e lentezza dei processi. Il risveglio più amaro è stato proprio quello di ieri mattina, sfogliando la rassegna stampa che riportava nuovi articoli che radiografavano non solo la figura del figlio, Piergiorgio Peluso, ex dirigente in Fonsai e ora teste di accusa dei Ligresti, ma anche quella del marito, Sebastiano, di cui si dava conto di una vicenda giudiziaria di 32 anni fa. E’ stato a questo punto che sull’indignazione e la rabbia ha prevalso l’amarezza ma anche – racconta chi è stato con lei sul volo di rientro – la consapevolezza della necessità di far prevalere su tutto un profilo istituzionale.

LA RICOSTRUZIONE Ha soppesato ogni parola, Cancellieri. Veloce passaggio al ministero e poi di corsa al Senato. Braccio sinistro al collo, quello che le duole e che domani le sarà operato nuovamente, a Milano.

Quindici minuti di lettura monocorde. Il tono si alza leggermente solo quando, nella ricostruzione cronologica degli eventi, scandisce: «La scarcerazione di Giulia Ligresti non è avvenuta a seguito o per effetto di una mia pressione o per una mia ingerenza, che mai vi è stata né è mai stata semplicemente concepita, ma per una indipendente decisione della magistratura torinese». Lo stesso vale per la «detenuta Jonella Ligresti», trasferita nel carcere di Milano non per «favoritismi» concessi dal Dap ma grazie al nulla osta dell’autorità giudiziaria a una specifica richiesta degli avvocati della donna. Per due volte il ministro cita i riscontri e le affermazioni del procuratore di Torino Giancarlo Caselli, che hanno escluso qualsiasi sua interferenza sul caso. La sua segnalazione su Giulia, una donna malata di anoressia, ha seguito lo stesso percorso di un altro centinaio di casi di detenuti «ignoti» alle cronache. Storie e dossier che ha voluto mettere a disposizione del Parlamento.

IL FIGLIO PIERGIORGIO Dal dramma delle carceri ai suoi rapporti con la famiglia Ligresti. Argomento non aggirabile, visto ha gettato pesanti ombre sull’imparzialità del Guardasigilli nella gestione di tutta questa vicenda. Di chi è amica da quasi 40 anni la Cancellieri? «Sono stata e sono amica di Antonino Ligresti (fratello di Salvatore, ndr), conoscenza maturata durante la mia lunga permanenza a Milano per ragioni del tutto estranee alla mia attività professionale. Insomma, niente «debiti di riconoscenza» contratti con la famiglia a capo della Fonsai. E se suo figlio, Piergiorgio Peluso, ha lavorato come dirigente nella società di Salvatore Ligresti, un chiarimento «ineludibile» il ministro Cancellieri si sente in obbligo di darlo, anche se «è sgradevole toccare un argomento su cui non posso non sentirmi emotivamente coinvolta». «Mio figlio è stato indebitamente trascinato in questa vicenda»: il suo incarico in Fonsai è «frutto esclusivamente della sua pregressa esperienza nel mondo bancario e finanziario».

Di più, era giugno 2011 quando mio figlio ha iniziato a lavorare per la Società, e all’epoca io ero una tranquilla signora in pensione che mai avrebbe pensato di diventare Ministro dell’Interno». Un ministro ora Guardasigilli che non vuole essere «dimezzato» e alla quale si avvicinano in molti, al banco del Senato: Luigi Manconi le stringe la mano più volte durante il dibattito. Si avvicinano Formigoni, Nitto Palma, Galletti. Monti resta seduto al suo posto.

 

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