Jobs act, è il giorno della fiducia

E’ il giorno della fiducia. La discussione in aula al Senato sul ddl delega sul Jobs act è ripresa stamattina. Oggi è attesa la richiesta di fiducia da parte del governo: il voto dovrebbe arrivare entro questa sera. Il premier tira quindi dritto sulla riforma del mercato del lavoro. «Non temo agguati del Pd – ha detto ieri – E’ naturale che tutti nel partito votino come sempre».

«Il voto sulla fiducia al Jobs Act riguarda evidentemente l’articolo 18»: lo sottolineano fonti di Palazzo Chigi. La delega, osservano, attribuisce al governo il dovere di superare l’attuale sistema e il presidente del Consiglio ha indicato con chiarezza la direzione. 

 
Sgravi per le assunzioni a tempo indeterminato: lo prevede il maxi-emendamento del governo al Jobs act, in cui si punta a promuovere il contratto a tempo indeterminato «come forma privilegiata di contratto di lavoro rendendolo più conveniente rispetto agli altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti».

Emendamento: troppi contratti, si cambia. Sfoltire, e quindi anche cancellare, le numerose forme contrattuali previste oggi: lo prevede l’emendamento del governo al ddl delega sul Jobs act. L’obiettivo è «semplificare, modificare, superare» le forme contrattuali che non siano più coerenti con il «tessuto occupazionale e il contesto produttivo». 

Poletti: l’articolo 18 non è Alfa e Omega. «L’articolo 18 non è l’alfa e l’omega della nostra riflessione – ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. intervenendo in Aula al Senato – Io rispetto tutte le considerazioni ma credo siano forse state eccessive in senso positivo e negativo. Si tratta di un argomento rilevante ma meno decisivo».

Urla e proteste dai M5S: andate a casa. Urla e proteste da parte dei M5S mentre parlava il ministro Poletti. «Andate a casa» è stato più volte gridato dai senatori M5S contro il ministro che è stato più volte interrotto. Tra i più accesi il capogruppo Vito Petrocelli, richiamato per ben due volte dal presidente Pietro Grasso e Paola Taverna. In piedi, nel corso della protesta, anche tutti i senatori della Lega.

Grasso espelle Petrocelli, lui resta in aula. Grasso alla fine ha espulso Petrocelli. L’esponente pentastellato, però, è rimasto nell’emiciclo. «Non uscirò dall’Aula – aveva detto – a meno che non mi portino via con la forza o finché il presidente Grasso non revocherà un provvedimento assurdo». Quando Grasso ha ordinato l’espulsione, i parlamentari pentastellati gli si sono messi tutti intorno, come scudi umani, per impedire che i commessi lo portassero fuori. Gli assistenti parlamentari hanno dovuto allontanare i parlamentari M5S uno a uno mentre alcune senatrici gridavano e protestavano con forza. 

Petrocelli io espulso per un foglio bianco. «Sono stato espulso per aver mostrato in Aula un foglio bianco – ha detto poi Petrocelli – Il foglio rappresenta la delega in bianco che il governo vuole farci firmare con la fiducia sul Jobs Act. Per la prima volta un capogruppo viene espulso dal Senato per aver mostrato un cartello perfettamente bianco, rasentiamo l’assurdo».

Seduta aggiornata alle 16. E’ poi ripresa la seduta dell’Aula, sospesa per la protesta del M5S, ma subito è stata aggiornata alle 16. «Visti gli orari, gli interventi di fine seduta li faremo dopo» ha detto Roberto Calderoli presiedendo i lavori.

Sel intanto ha ritirato gran parte degli emendamenti al Jobs act (mantenendone 40-50 dai 300-350 iniziali). Anche M5s si è detta disponibile a ritirarne gran parte dei propri per «togliere qualsiasi alibi al governo» a porre la questione di fiducia.

Il sostegno di Angela Merkel. E’ ottimista il presidente del Consiglio, al quale, alla vigilia del vertice Ue di Milano, era arrivata da fonti del governo tedesco un informale sostegno della Cancelliera Merkel. La fonte berlinese, pur «non esprimendo giudizi» sulle dinamiche parlamentari di uno Stato dell’Unione e sulla riforma in sé, ha comunque detto che «semplificare l’accesso dei giovani al lavoro è certamente un modo per combattere la disoccupazione giovanile».

La minoranza Pd. Ma i dissensi nella minoranza restano. L’ex segretario Pier Luigi Bersani ritiene la fiducia una «forzatura» ma, alla vigilia di un voto sul filo, sostiene che comunque serve «responsabilità e lealtà».

 

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