Imu: stangate previste per oltre mille comuni

Per qualcuno, soprattutto nelle grandi città, sarà comunque un esborso di qualche rilievo. Per molti altri, l’Imu 2013 sull’abitazione principale – da pagare però entro il prossimo 16 gennaio – lo sforzo finanziario sarà più contenuto, poche decine di euro, ma ci sarà comunque la complicazione di dover fare i calcoli e compilare il modulo di pagamento.

L’operazione riguarderà comunque una quota consistente dei contribuenti. Nel 2012 infatti circa un quarto degli ottomila Comuni italiani aveva disposto incrementi dell’aliquota standard. Secondo valutazioni dell’Anci sono 600 quelli che hanno approvato quest’anno la delibera con l’incremento: anche supponendo che una parte degli enti locali si sia mossa in entrambi gli anni, il numero di quelli interessati dal pagamento è comunque superiore a 2 mila.

Ci sono anche poche centinaia di centri virtuosi che al contrario hanno ridotto magari di poco l’aliquota standard e dunque dovrebbero teoricamente incassare il rimborso dell’imposta al 4 per mille ritrovandosi con un piccolo surplus. L’importo del pagamento a cui saranno chiamati i cittadini dipenderà oltre che dalle scelte precedenti dei singoli Comuni anche dall’entità della quota che il governo deciderà di porre a loro carico: dal 50 per cento ipotizzato subito dopo il consiglio dei ministri di mercoledì si potrebbe scendere al 40.

IL PROCEDIMENTO
In ogni caso attenendosi alla proporzione metà e metà il calcolo da fare è il seguente. Bisogna determinare l’importo dell’Imu per l’intero 2013 con l’aliquota standard del 4 per mille e le detrazioni previste (200 euro per l’abitazione principale più altri 50 per ogni figlio fino a 26 anni che risiede in casa); e poi quella che risulta dall’applicazione dell’aliquota effettivamente decisa dal Comune e delle stesse detrazioni. La differenza tra i due valori va divisa per due: è questa la somma da versare.

GLI ESEMPI
Il massimo esborso sarà quindi pari all’1 per mille del valore catastale, visto che al più i Comuni potevano passare dal 4 per mille dell’aliquota standard al 6 che è il tetto previsto dalla legge. Se invece ad esempio l’aliquota effettiva è del 5 per mille, la quota a carico dei cittadini sarà pari alla metà dell’1 per mille e dunque allo 0,5. Ipotizzando quest’ultimo scenario – è quello di Roma – per un’abitazione con una rendita catastale di 1000 euro (e dunque un valore di 168 mila) l’importo dovuto è di 84 euro. Con una rendita di 1.500 euro si arriverebbe a 126 e con 2.000 a 168. Importi che naturalmente raddoppiano se il passaggio è dall’aliquota standard a quella massima del 6 per mille. Per abitazioni di valore catastale molto basso l’imposta potrebbe risultare contenuta, soprattutto se il valore determinato al 4 per mille fosse pari a zero; l’importo minimo resta fissato a 12 euro.

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