Il Presidente Mattarella firma l’Italicum
E’ il giorno di Mattarella. Oggi il presidente della Repubblica esaminerà l’Italicum appena approvato. La Lega, dal canto suo, è pronta al referendum.
«Avanti su questa strada con la testa dura, dopo aver mantenuto la promessa della legge elettorale», ha detto ieri Matteo Renzi. «Possono fare quello che credono, dirci quello che vogliono, ma non molliamo di un millimetro», dichiara. Poi tende una mano a quegli studenti e insegnanti che, nel giorno dello sciopero generale, lo aspettano a ogni tappa per contestare la sua riforma della scuola («Li ascoltiamo») e anche a quei deputati Pd che hanno votato contro il suo Italicum.
L’occasione per l’affondo ci sarebbe dal podio di Bolzano, prima tappa di un tour elettorale che arriva anche a Trento e Rovereto a cinque giorni dalle elezioni amministrative che nel Trentino Alto Adige si terranno il 10 maggio. Dalla platea al nome di Pippo Civati, l’ex sfidante alle primarie che continua a evocare la scissione, una militante urla: «Abbasso Civati». Ma il segretario la ferma: «Ma che abbasso: viva viva viva Civati. Noi siamo per tenere tutti dentro il partito», dichiara Renzi.
Poi, con riferimento alla nutrita pattuglia dei ‘dissidentì della minoranza, aggiunge ironico: «Uno alla volta, però». E aggiunge con sarcasmo: «Civati dice che c’è la svolta autoritaria perchè vinciamo… Quando perdevamo sempre, alcuni erano contenti: pochi ma buoni, dicevano. E ora si lamentano perchè ‘ci siamo solo noì». Ma è l’unico accenno polemico a quella sinistra dem che, conscia di essere determinante per il governo al Senato, già punta alla battaglia delle riforme.
Quanto alle opposizioni, se la Lega insiste sul referendum sull’Italicum, Fi si divide, con Renato Brunetta pronto a imbarcarsi in questa battaglia mentre Altero Matteoli frena e punta al rilancio politico del centrodestra.
A chi vorrebbe fermarlo, il premier ribadisce la sua linea: «Avanti con la testa dura. A un certo punto basta compromessi: si decide», dichiara. E ribadisce che è pronto a farsi mandare a casa «anche domani» pur di non farsi frenare. Perchè, ribadisce con metafora a lui cara, è in corso un derby tra chi «fa l’elenco delle sfighe» e «si crogiola nella protesta», e chi «fa le cose» perchè pensa che la politica sia una «cosa seria» e non solo «sistemazione di poltrone».
La legge elettorale, rivendica Renzi, consegnerà «finalmente» all’Italia governi stabili, che si assumeranno la responsabilità di decidere. Grazie a quella legge una politica che prima faceva i «dibattiti per capire chi aveva vinto», ritrova la sua «dignità» e cancella l’onta «atroce» di una legge elettorale scritta dalla Consulta.