Il Ministro Cancellieri martedì riferirà in Senato

Cresce lo scontro sul caso Cancellieri-Ligresti. Dopo l’intervento del ministro nella vicenda che ha poi portato alla concessione dei domiciliari a Giulia Ligresti, arrestata nell’ambito dell’inchiesta sulla compagnia assicurativa Fonsai, il Pd ha chiesto subito un chiarimento in Parlamento, mentre il M5s ha già presentato una mozione di sfiducia. Ma il ministro si difende, non si dimette e martedì alle 16 riferirà in senato sulla vicenda.

«Non siamo tutti uguali davanti alla legge? Certo! Non ci sono detenuti di serie A e serie B. Dobbiamo lottare per migliorare il sistema carcerario, ma queste cose non aiutano», ha detto al Tg1 il ministro. «Sono serenissima e tranquilla, pronta a rispondere a qualunque domanda. Il mio è stato un intervento umanitario, mosso da un detenuto che poteva morire. Se fosse morta cosa sarebbe accaduto?», ha detto ancora Cancellieri.

«Ribatterò punto su punto alle inesattezze e alle falsitàdette e scritte su di me in questi giorni», aveva assicurato in precedenza il ministro della Giustizia, che ha partecipato questa mattina alla commemorazione dei caduti del Dap e che oggi aprirà la sessione pomeridiana della penultima giornata del XII Congresso dei Radicali Italiani. Il responsabili di via Arenula avrebbe già acquisito tutti gli interventi che sono stati svolti di persona, per telefono o per iscritto rispetto a segnalazioni arrivate da parenti, da autorità, da semplici cittadini su condizione critiche di detenuti. Si tratterebbe di decine e decine di casi, in cui ci si è mossi per verificare, aiutare, risolvere. Ribaltando il concetto, il ministro si chiede: «Cosa sarebbe successo se fosse capitato qualcosa e io pur essendone a conoscenza non fossi intervenuta? Inoltre, tutte le strutture, su segnalazione dei parenti, autonomamente, erano venute a conoscenza del caso di Giulia Ligresti e si erano già messe in moto».

Cancellieri renderà noto l’impegno sul frontedell’emergenza carceraria, impegno che l’ha vista in campo sin dal primo momento, in maniera ben più massiccia di qualsiasi altra emergenza anche grave presente nella giustizia italiana. Poi spiegherà che ha ritenuto di rispondere subito al Parlamento, inviando, come primo gesto, una lettera ai capigruppo di Camera e Senato, anche perché l’informativa non si sarebbe potuta svolgere prima di martedì, viste le festività. Fonti vicine al ministro confermano che al momento, Cancellieri non è stata convocata, né sentita, anche se ha parlato con palazzo Chigi dell’informativa, per la quale ha sempre detto di essere assolutamente disponibile.

Grillo all’attacco. Il ministro della Giustizia non si dimetterà, prevede il leader del Movimento 5 stelle, «fa parte del mondo di banchieri, politici, finanzieri che è come una foresta pietrificata».

Il Pd: chiarisca. Il capogruppo del Pd in commissione Giustizia alla Camera Verini intanto chiede che si diradino le ombre, «nell’interesse del ministro e del governo».

«Inutile tergiversare, il ministro Cancellieri deve dimettersi e in più serve chiarezza sulle responsabilità della rete di persone che ha permesso questa liberazione ad personam ovvero i due magistrati del DAP e gli operatori carcerari. Stefano Cucchi è morto per denutrizione ma non essendo figlio di qualcuno…», scrive su Facebook Riccardo Nuti, deputato del Movimento 5 Stelle, a proposito del caso Ligresti.

Cancellieri non deve dimettersi ora, ma farlo se non sarà convincente quando in Parlamento parlerà del suo interessamento al caso di Giulia Ligresti. Di questo è convinto il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni. Alla domanda dei giornalisti se il ministro debba lasciare l’incarico Maroni ha risposto: «No, deve venire in Parlamento a riferire e se non è convincente sì. Ma io non esprimo giudizi a priori. Prima voglio sentire le ragioni della sua difesa, dopodichè valuteremo».

«Improntitudine. E indignazione. Sono i due risvolti della medaglia del caso Cancellieri: da una parte la faccia tosta di un ministro che mobilita il potere di cui dispone per aiutare chi conosce a dispetto di tanti altri carcerati che non vantano amicizie tra i membri del governo; dall’altra il disgusto popolare per l’ennesima dimostrazione di una vera e propria casta che non perde il vizio di farsi gli affari suoi», scrive Francesco Storace, sul Giornale d’Italia, chiedendo le dimissioni del ministro.

Avvenire difende il ministro. Non c’è solo il caso di Giulia Ligresti, fra quelli ai quali il ministro si è interessata nei mesi scorsi «per motivi umanitari». Lo scrive oggi il quotidiano Avvenire, che ha potuto visionare alcuni appelli giunti al dicastero di via Arenula e presi in considerazione dal Guardasigilli attraverso il Dap (Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria). Fra questi, c’è «la lettera scritta da R., campano 48enne “allocato in una casa lavoro” dell’Emilia Romagna in procinto di essere trasferito a Favignana, nel Trapanese, “difficilmente raggiungibile dai familiari, che risiedono in Campania”. Per evitarlo, il detenuto attua uno sciopero della fame, rifiuta di assumere medicine e scrive al ministro. A metà agosto R. viene trasferito in una casa lavoro in Abruzzo, più vicina alla sua
famiglia».

C’è anche, prosegue l’articolo, «la toccante raccomandata di A., moglie di un recluso pugliese (fine pena 2016). La signora comunica di aver inoltrato richiesta di grazia al capo dello Stato e allega le cartelle sanitarie sulla propria, grave, malattia, che potrebbe impedirle di prendersi cura dei figli piccoli. Il marito ha già chiesto di scontare la pena residua (inferiore a 3 anni) attraverso misure alternative e il magistrato di sorveglianza ha disposto “l’osservazione scientifica” del detenuto e fissato un’udienza il 10 dicembre».

«Lo scetticismo, in politica e nel giornalismo, è d’obbligo. E molte affermazioni rigorose pronunciate al mattino si rivelano infondate alla sera», scrive ancora Avvenire. E aggiunge: «Quanti hanno accompagnato il ministro nelle carceri e condividono, seppur ai piani bassi, il lavoro ministeriale, riferiscono di episodi che testimoniano di un silenzioso interessamento in favore di bisogni, grandi e piccoli, espressi a voce o “a mezzo lettera” da detenuti qualunque, senza amicizie altolocate o cognomi importanti».

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