Governo, il Colle sonda Renzi che vuole che si rispettino le sue condizioni
Dovevano, pare, essere in tre a ritrovarsi sul Colle: Napolitano, Renzi e Letta. Alla fine l’incontro importante c’è stato, tra il capo dello Stato e il segretario del Pd. Cena al Colle con menù politico politico. E subito si sono infittite le interpretazioni: Renzi convocato al Quirinale per una sorta di pre-incarico per formare il futuro governo, il più che vociferato e sussurrato e anticipato Renzi uno? Oppure, altra versione, Renzi convocato da Napolitano per favorire facilitare sostenere il rilancio dell’esecutivo guidato da Letta, per vedere quindi come sbrogliare l’intricata matassa del Letta due, rimpastato ampiamente o meno che sia? Fatto sta che Matteo Renzi ha passato la giornata a fare una specie di pre-consultazionE in quello che, se mai vedrà la luce, dovrebbe essere il suo governo senza passare da elezioni. Il tutto in un contesto di pressing che vedrebbe il Quirinale in parte favorevolmente posizionato sulla «fattibilità» dell’operazione Renzi premier subito.
OGGI ENRICO AL COLLE
Fatto sta che oggi il premier salirà al Colle. Il sindaco, invece, ieri prima di vedere Napolitano, facendo il punto con i suoi, ha detto scherzando come a dare il clima generale: «Ora si comincia ad andare sull’ottovolante». Poi, fattosi più serio, ha passato in rassegna la situazione come si presentava al momento: «Mi vengono a riproporre un rimpastino? A me continua a non interessare. Ma se insistono, allora sarebbe come fissare la data delle elezioni», cosa che al segretario potrebbe anche andar bene (ma questo i presenti non giurano di averlo sentito). Rivolto poi alla situazione in cui si trova l’amico Letta, il sindaco ha confessato un certo scetticismo: «Non capisco Enrico. Pensa che non ci siano alternative a lui stesso? Comprensibile, quello che lo è meno è che non si attrezzi ad assumere alcuna decisione». A inquadrare la situazione lettiana, ci ha pensato per sua parte Angelino Alfano, che parlando con alcuni renziani si sarebbe espresso così: «Io voglio più bene a Enrico, ma di più a noi stessi».
Il segretario del Pd ha comunque svolto le sue personali pre-consultazioni. Ha visto nel pomeriggio per oltre un’ora il capogruppo dei deputati dem Roberto Speranza. Poi ha incontrato una delegazione di Scelta civica di rito montiano (i capigruppo Giannini e Romano), quindi ancora Dellai, ex Sc di rito centrista. Oggetto ufficiale dei colloqui, la legge elettorale, la madre di tutte le riforme che, a detta dei renziani, continua a essere il principale rovello del leader dem. Una legge elettorale che, alla ripresa dei lavori parlamentari dopo lo stop di una settimana, ha subito rallentamenti e lungaggini, ma soprattutto ha riscontrato difficoltà notevoli, tanto che è tornato in forse il rispetto dei tempi previsti per il varo entro la settimana. Conclusione: l’assemblea del gruppo dei deputati del Pd, prevista per la serata, è stata rinviata a questa mattina presto con la presenza del segretario. Nel frattempo, altra indicazione significativa: la direzione del Pd prevista in un primo tempo per il 13 sui temi del Pse e delle Europee, cambia ordine del giorno ed è stata fissata per discutere della situazione politica.
PALAZZO CHIGI
Che sta accadendo? Succede che il treno che dovrebbe e vorrebbe portare Renzi a palazzo Chigi subito si è ormai messo in cammino. Le pressioni sono tante, al punto che Renzi stesso, oltre alla sua cerchia, ci sta facendo più che un pensierino. «Se me lo chiedono in tanti…», il suo mantra, che ricorda l’analogo dalemismo del ’98, «se è l’Ulivo a chiedermelo, sono pronto». Pronto o meno che sia («tra i renziani pare prevalere la linea emiliana del subito a palazzo Chigi rispetto ai toscani», il quadro di un deputato dem), Renzi ci sta facendo più che un pensierino: ha infittito i rapporti con il capogruppo di Sel, Gennaro Migliore, da sempre su una linea non isolazionista del suo gruppo; continuano gli annusamenti con settori grillini dissidenti, il tutto per portare a un eventuale allargamento della maggioranza del più che eventuale Renzi uno. Lo schema sarebbe più o meno lo stesso di Bersani: doppia maggioranza, una per le riforme con Forza Italia, l’altra di governo più ristretta, ma nell’ottica renziana non necessariamente uguale all’attuale. Di suo, Renzi ci porta il rovesciamento riforme-governo: non più subito il varo della legge elettorale, ma fare subito un nuovo esecutivo che possa, esso sì, garantire legge elettorale e le altre riforme. «Il nuovo governo dovrà garantire l’apertura di una grande stagione delle riforme», l’auspicio di Renzi. Ma non ha chiarito quale governo e guidato da chi.