Ennesima fumata nera per le elezioni dei giudici della Consulta e Csm
Ancora una fumata nera per l’elezione dei giudici di Consulta e Csm: alla conta di ieri, la dodicesima, i candidati per la Corte costituzionale, Luciano Violante (Pd) e Donato Bruno (FI) hanno rispettivamente 518 voti e 511, peggio di martedì, molto peggio di lunedì.
Né è servita, a sbloccare lo stallo, la sollecitazione, l’ennesima, del Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Il «prevalere» di «immotivate preclusioni nei confronti di candidature di altre forze politiche o la settaria pretesa di considerare idonei solo i candidati delle propria parte», rischia di paralizzare il meccanismo dell’elezione, e di logorare «lo stesso istituto di garanzia rappresentato dal sistema dei quorum qualificati», mettendolo in discussione, ha ricordato il presidente della Repubblica a un paio di ore dal voto, invitando a una seria riflessione sulle «conseguenze del protrarsi di un complessivo nulla di fatto, che innanzitutto impedisce l’insediamento nel nuovo Csm».
Un messaggio per tutti, ma che sembra diretto in particolare al Movimento 5 Stelle, chiamatosi ancora una volta fuori da qualsiasi accordo o trattativa. «Voteremo scheda bianca, fino a quando non ci presenteranno nomi credibili, indipendenti e fuori dalla politica», ha spiegato il capogruppo al Senato Petrocelli. Confermando così che i voti necessari per eleggere il ticket Violante-Bruno vanno cercati altrove.
I TEMPI
E pure urgentemente, se anche il Guardasigilli Andrea Orlando ha ricordato che le riforme in itinere «comportano un aumento del lavoro del Csm e il fatto che l’elezione si trascini rischia di portare una situazione preoccupante». E non facilita la soluzione il fatto che, a far arrancare i candidati, non siano state fronde organizzate, bensì cani sciolti. «Purtroppo in Parlamento sembra esserci una piccola minoranza di franchi tiratori che magari ha un malumore diverso dalla materia che stiamo votando, non ha il coraggio di esprimere il proprio dissenso e lo fa nel segreto dell’urna», rilevava la vicepresidente della Camera Marina Sereni. Antipatie, insofferenze, conti in sospeso, si ridurrebbe a questo la salita del duo in corsa per la Consulta.
Così, ieri, Pd e Forza Italia hanno speso ogni carta a propria disposizione per uscire dall’impasse. I democratici hanno cercato un abboccamento con Sel (che ha candidato al Csm Paola Balducci) che ieri sera si dichiarava «pronta a confrontarsi con tutti per risolvere la crisi». Anche se, in mattinata, i parlamentari si sarebbero spaccati già sul voto a Violante, bocciato nonostante il via libera di Nichi Vendola. Contemporaneamente, Forza Italia lavorava ai fianchi la Lega. Registrando il ritiro di Luigi Vitali dalla corsa al Csm e cercando una mediazione su un nuovo nome. Un lavoro difficile, tanto da spingere gli azzurri a chiedere un rinvio del voto, paventando la possibilità di votare scheda bianca.
LE TENSIONI
Nelle retrovie si archiviavano candidature a tempo di record: dall’ex An Franco Mugnai, a Nino Marotta. Poi, mentre il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il capo degli azzurri Silvio Berlusconi, decidevano di incontrarsi ad horas, dal cilindro forzista è uscito il nome di Pierantonio Zanettin, parlamentare e genero del legale dell’ex Cavaliere, Franco Coppi. Immediata la smentita del Carroccio: «Noi non votiamo più amici e parenti», il caustico commento di Roberto Calderoli.
In realtà, allo spoglio finale dei voti del Csm, nessuno ha raggiunto il quorum, ma ai 448 voti di Zanettin e ai 136 voti del candidato grillino Alessio Zaccaria, si sono aggiunte 35 preferenze al forzista Maurizio Paniz: sono tutti voti che la Lega ha così messo sul piatto della trattativa che non sarebbe finalizzata ad ottenere una poltrona nel Csm, bensì una maggiore influenza nella redazione finale della legge elettorale. Stamane si verificheranno i frutti di questo lavorio: i nomi dei candidati, giurano al Pd, non cambiano, a cominciare da quello di Violante. Ma c’è già chi ragiona su nuovi possibili ticket, se l’operazione non andasse in porto.