E’ passata la fiducia alla Camera i sindaci in sofferenza

Il voto di fiducia espresso ieri dalla Camera sulla legge di stabilità (350 sì e 196 no) non è ancora la fine della storia per uno dei capitoli più controversi, quello della tassazione sulla casa. 
Il testo della manovra non sarà modificato al Senato, e dunque andrà in Gazzetta ufficiale nella versione approvata dalla commissione Bilancio, che il governo stavolta ha scelto di non cambiare. Ma dopo le vibrate proteste dei Comuni, che si dicono impossibilitati a chiudere i propri bilanci con le risorse attualmente disponibili, ieri è arrivata la disponibilità a modifiche da parte di Graziano Delrio, ministro per gli Affari regionali e le autonomie.

SINDACI IN SOFFERENZA
Ci sarà quindi un decreto correttivo a fine anno con il quale l’attuale dote per le detrazioni sarà portata da 500 milioni a 1,2-1,3 miliardi. Naturalmente trovare questa somma aggiuntiva, circa 800 milioni, è impresa tutt’altro che facile per il governo. Dunque alla fine la soluzione potrebbe essere un po’ diversa: la concessione di detrazioni, destinata ad agevolare i proprietari di abitazioni principali con valore catastale più basso (che in parte l’Imu nemmeno la pagavano) sarebbe finanziata con il via libera all’aumento dell’aliquota sull’abitazione principale: l’attuale tetto del 2,5 per mille verrebbe portato al 3,5, solo però per gli enti locali che applicano gli sgravi per le case di più basso valore e per le famiglie.

D’altra parte, i Comuni non sono in sofferenza solo sull’abitazione principale. Una quota del loro gettito dovrà arrivare dalla tassa sui servizi applicata agli altri immobili, per i quali vige un tetto complessivo all’aliquota – tenendo conto anche dell’Imu, del 10,6 per mille. Così quelle amministrazioni comunali che hanno già portato l’imposta municipale al livello massimo previsto, appunto il 10,6 per mille, non avranno di fatto spazio per applicare la Tasi nemmeno all’aliquota standard dell’1 per mille. Anche su questo aspetto potrebbero esserci novità, con la possibilità di arrivare all’11,6 come del resto previsto in una prima versione del provvedimento.

LE CORREZIONI
La decisione di venire in qualche modo incontro ai Comuni è stata presa da Enrico Letta, che ieri è tornato a difendere l’impostazione della manovra, anche rispetto alle critiche che vengono ad esempio da Confindustria. «Tutti chiedono – ha osservato il premier – ma la somma di tutti vuol dire la bancarotta dello Stato». Quindi Letta si propone di essere il «buon padre di famiglia», piuttosto che «Babbo Natale». Apre però anche su altri possibili cambiamenti. Intanto in materia di gioco d’azzardo: la norma pensata per ridurre i trasferimenti statali ai Comuni che vietano le slot machines sarà cancellata. Poi c’è la web tax, che dovrà comunque essere «coordinata con le norme europee» come vuole il segretario del Pd Renzi.

Infine il capitolo Svizzera. Il presidente del Consiglio ha annunciato che a gennaio si recherà nello Stato elvetico per affrontare la questione del rientro dei capitali: un «tesoro di soldi italiani» che – in particolare per quel che riguarda il flusso permanente di introiti fiscali dopo la regolarizzazione – dovrà essere utilizzato per alimentare il fondo finalizzato al calo delle tasse.

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