Berlusconi rilancia Forza Italia

«Siamo qui per la rinascita di Forza Italia, nome che abbiamo tutti ancora nel cuore. E per ratificare la nostra dipartita dal Pdl, che probabilmente potrà restare come nome per la coalizione di tutti i moderati». E’ l’incipit del discorso di Silvio Berlusconi al Consiglio nazionale del suo partito, oggi a una svolta che lo riporta, almeno nominalmente, alle origini.

Un discorso giocato sul richiamo ai principi che ispirarono la fondazione di FI nel ’94, non privo di alcune polemiche retrò, soprattutto contro un comunismo esistente ormai solo sui libri di storia, e segnato dal «dolore» per la scissione voluta da quell’Angelino Alfano, fino a poco tempo fa suo indiscusso delfino, ma col quale non rompe tutti i ponti, immaginando di averlo ancora alleato in un nuovo schieramento dei moderati italiani. Comunicato alla compartecipe platea «il dolore con cui ho appreso la comunicazione dello strappo che questa notte non mi ha fatto dormire», il Cavaliere spiega che la scissione si è consumata «non per differenze su programmi e valori, ma per le distanze tra singole persone», che inutilmente dice di essersi adoperato a superare.

CAUTO SUL FUTURO Col futuro, comunque, meglio andarci cauti e Berlusconi raccomanda, a una platea ostile agli scissionisti, di «non allargare un solco che poi sarà difficile da colmare». Perché, «anche se adesso questo gruppo appare come un sostegno alla sinistra, al Pd, dovrà poi necessariamente far parte della coalizione dei moderati. Con loro dovremo comportarci come con la Lega e FdI». Quanto ad Alfano, mai nominato dal palco, parlando con i militanti a fine manifestazione, dice: «Di tutti gli altri non m’importa nulla, ma per Angelino ci sono rimasto male. Per me era come un figlio. Ci avrei messo la mano sul fuoco…». Del tutto diversi i sentimenti verso altri partner della coalizione: «E’ molto difficile restare alleati in Parlamento e sedere allo stesso tavolo al governo con chi vuole uccidere politicamente il leader di un partito». In particolare, il Cav ce l’ha col Pd che definisce «fuorilegge» per aver calpestato la norma che in Senato richiede il voto segreto sulle persone.

Bersaglio evergreen restano i giudici, soprattutto Magistratura democratica, che «si è trasformata in un contropotere dello Stato che fa sì che non ci sia cosa che il governo possa approvare se l’Anm è contraria». Con questa magistratura, «che gode di privilegi medievali» e con questa sinistra – conclude il Cav – «la nostra libertà è a rischio, dimezzata». A entrare poi nel mirino del leader forzista è la Ue, per cui – afferma – «si impone un cambiamento della politica imposta a tutti dalla Germania e di cui beneficia solo Berlino». Purtroppo, secondo Berlusconi – che ricorda di essere stato «quel signore che al tavolo dei capi di governo della Ue dava fastidio alla Merkel e Sarkozy» – oggi «non si vedono in Italia ministri che abbiano il coraggio e la statura necessaria per farsi ascoltare in Europa». Non tralasciati neppure i meriti di quello «sciagurato signore che nel ’94 impedì alla sinistra di prendere il potere» e che successivamente fece pubblicare il ”Libro nero del comunismo“, che il Berlusconi di oggi invita caldamente, anzi, «impone» ai suoi seguaci di «leggerlo, rileggerlo, farlo leggere ai propri ragazzi».

Vinta l’emozione che l’assale a fine discorso, e superato, con l’aiuto del medico personale, un live malore da stress, il Cavaliere ha la soddisfazione di vedere approvato, con la più bulgara delle unanimità 613 sì su 613 presenti, il documento che sancisce il passaggio a Forza Italia. Alla prossima riunione ci saranno anche le bandiere le scenografie e i simboli correlati che mancavano ieri all’Eur.

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