Berlusconi azzera le cariche del Pdl

«Potremmo entrare in Forza Italia solo con serie garanzie di agibilità e se fossi confermato segretario con pieni poteri. Ma siccome l’impresa è tutt’altro che facile, prepariamoci a una scissione che è ormai nei fatti. Meglio: proviamo a compiere una separazione consensuale. A noi il Pdl, a Berlusconi e ai falchi Forza Italia».

Nel giorno in cui il Cavaliere «sospende» il Pdl e «azzera» il suo (ex) delfino, Angelino Alfano rinvia l’addio al Consiglio nazionale dell’8 dicembre. «A meno che», afferma un ministro, «Berlusconi dopo il voto sulla decadenza provi a far cadere il governo. In quel caso all’8 dicembre non ci arriviamo, la scissione avverrà prima per garantire la stabilità».

LE RICHIESTE IRRINUNCIABILI
Eppure, Alfano ancora non si è arreso del tutto: «Lavoro nel limite dell’umano all’unità». E ha fatto sapere di avere apprezzato che Berlusconi abbia detto che gli confermerà «il ruolo». Perciò darà battaglia nel Consiglio nazionale: le modifiche statutarie richiedono una maggioranza dei due-terzi. E cercherà, insieme ai ministri Beatrice Lorenzin, Nunzia De Girolamo, Gaetano Quagliariello, Maurizio Lupi «e all’ala responsabile» del Pdl, di strappare «chiare garanzie».

Traduzione: i gradi da segretario per Alfano, l’impegno a sostenere il governo Letta «almeno fino al 2015», la scelta di ogni incarico attraverso le primarie. «Non ci dovranno più essere nomine calate dall’alto», scandisce Roberto Formigoni. «E se non andrà così, ognuno prenderà la propria strada. Anzi, fin da ora la soluzione migliore è una separazione consensuale».

Tanto più che un Pdl depurato da Berlusconi sarebbe la ”massa critica” utile per far decollare l’alleanza con Mario Mauro, Pier Ferdinando Casini e la galassia centrista sotto le insegne del Partito popolare europeo (Ppe). E poco importa, secondo un altro ministro, che Berlusconi abbia detto che conferma «il ruolo di Alfano»: «Ha sospeso il Pdl, ha avocato a sé tutti i poteri, il resto sono chiacchiere».

Insomma, la guerra è dichiarata. Eppure, quando all’ora di pranzo Berlusconi – grazie alla mediazione della De Girolamo – ha convocato Alfano e i ministri a palazzo Grazioli, offrendo un «pasto leggero» (verdure e carne), non sono volati né insulti, né stracci. E’ vero, l’esordio è stato un po’ ruvido: «Mi dicono che non sono più il leader, che non conto più nulla. E poi il 2 ottobre, in occasione del voto di fiducia, mi avete tradito. Questo vulnus va sanato», ha attaccato il Cavaliere.

Pronta e accomodante la replica di Alfano: «Ma cosa dici? Sei sempre tu il numero uno. Lo scontro è tra i numeri due, tre, quattro, cinque, sei, sette». Sì, Angelino è arrivato a contare fino a sette. «Qui nessuno vuole la scissione e nessuno mette in discussione la tua leadership. Ma non possiamo accettare che la linea dei falchi prevalga. Anche noi ti difendiamo, ma difendiamo pure il Paese: il governo va preservato».

«Lascia stare il governo, per ora non lo tocco», ha risposto il Cavaliere, «dimmi invece perché vuoi disertare l’Ufficio di presidenza». «Non è una scelta contro di te, ma proprio per rafforzare il tuo tentativo di riportare unità. Se andassi a quella riunione dovrei dire in faccia a quelli lì cosa penso di loro. E vanificherei il tuo tentativo».

«NESSUN RUOLO AI FALCHI»
Raccontano che Berlusconi abbia annuito. Che, addolcito, abbia garantito che non metterà né Capezzone, né Verdini, né la Santanché «nei ruoli chiave». «La vicepresidenza di FI sarà tua». Alfano ha sbandato appena un po’, poi ha azzardato: «Ma cosa ne pensi, invece, se facciamo una federazione? Fai nascere Forza Italia, noi restiamo nel Pdl e andiamo alleati alle elezioni». Berlusconi non ha chiuso la porta: «E’ presto per parlarne adesso. Vedremo…». Conclusione di uno dei ministri presenti: «Sarà scissione, ma sarà concordata».

Arrivati al caffé, dopo ben due ore, il Cavaliere ha accompagnato Alfano & C. all’uscita. Battute. Abbracci. Strette di mano. Bacetti alle ministre. Poi il segretario del Pdl ha riunito i ministri e «l’ala responsabile» a palazzo Chigi. Lì è stato deciso di cominciare a raccogliere le firme in calce a un documento per il Consiglio nazionale. Lì sono state valutare le forze in campo: «Schifani è con noi, ciò vuol dire che non hanno la maggioranza dei due-terzi».

Con un problema non da poco: senza Berlusconi e le sue fidejussioni non ci saranno neppure i soldi. «Ma troveremo una soluzione». Due cuori e una capanna. Sempre che Berlusconi non tenti di far cadere il governo dopo il voto sulla decadenza previsto per fine novembre. «In quel caso la scissione si farà prima dell’8 dicembre», garantisce Carlo Giovanardi.

 

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