Alfano: “Per le comunali si voterà solo domenica”
Si voterà solo domenica. La proposta di Angelino Alfano di tenere i seggi aperti anche il lunedì non è stata neanche presentata in Cdm, è stata ritirata per manifesta impossibilità di procedere. Il motivo? «Attacchi pretestuosi proprio da parte di chi aveva perorato la proposta», ha puntato il dito Alfano, riferendosi a quei partiti di opposizione che si erano detti d’accordo all’estensione al lunedì, anzi l’avevano pure chiesta direttamente, salvo poi criticare la scelta del governo di non procedere. Alla sorpresa di vedere cambiato quanto sembrava già acquisito sul prolungamento dell’apertura dei seggi, si è aggiunta quella della riammissione, da parte del Consiglio di Stato della lista Fassina a Roma e di Fratelli d’Italia a Milano.
Sulla conferma del voto solo nella giornata del 5 giugno e del 19 per gli eventuali ballottaggi, Alfano si è assunto l’onere della cosa, pur avendone discusso ovviamente con Matteo Renzi. Ma, come tutte le cose italiane, si erano subito creati due “partiti” alla guelfi e ghibellini, gli uni che dicevano «ben venga il voto lunedì, favorirà la partecipazione», l’altro che invece metteva l’attenzione sui costi che sarebbero inevitabilmente lievitati. Ma anche su questo, divisione da guelfi e ghibellini: c’è chi ha parlato di un aumento fra i 100 e i 500 milioni, mentre il ministro dell’Interno ha circoscritto di parecchio, «il voto al lunedì sarebbe costato 5 milioni in più per le amministrative e 18 per il referendum». Già, perché anche per il referendum di ottobre si voterà solo di domenica, e anche se per il quesito sulle riforme non è previsto il quorum, molto probabilmente non sarebbe dispiaciuta una misura che favorisse una maggiore affluenza. Si era pure fatto sentire Enrico Letta, sotto la cui presidenza era stata approvata la norma che fissa l’elezione alla domenica, non soltanto per un risparmio di costi, ma anche per allineare l’Italia a tutti i Paesi europei dove si vota in un solo giorno. Tra i candidati, quello del Pd a Milano, Giuseppe Sala, ha applaudito la “retromarcia” governativa visto che fin da quando era apparsa l’ipotesi si era detto contrario. Dall’opposizione, i commenti sono stati a base di «Renzi ha paura», «Renzi non favorisce la partecipazione», (M5S, Lega, FI) e via criticando.
IL VERDETTO
Quanto all’altra vicenda ancora aperta delle amministrative, e cioè l’esclusione della lista Fassina a Roma e di FdI a Milano, il Consiglio di Stato ha, in serata, ribaltato la sentenza dei Tar del Lazio e della Lombardia che le avevano escluse dalla competizione elettorale del 5 giugno perché prive della data nell’elenco della raccolta delle firme. La terza sezione del Consiglio, a quanto si legge in una nota dei giudici di palazzo Spada, ha ritenuto illegittima l’esclusione delle due liste «perché nessuna disposizione di legge prevede, per la materia elettorale, la nullità di tali autentiche quando siano prive di data, purché risulti certo che l’autenticazione sia stata effettuata nel temine previsto dalla legge». Sottolineata anche «l’importanza del principio democratico della massima partecipazione nei casi in cui le liste siano in possesso dei requisiti formali e sostanziali richiesti dalla legge».