Alfano per il momento evita la scissione dei gruppi del Pdl

Fedeli al Pdl, ma diffidenti sulla nuova Forza Italia. Sono oltre 50 i parlamentari dissidenti, che hanno costretto Berlusconi al sì in extremis al governo Letta. Ma, dopo una riunione notturna, frenano sulla costituzione di gruppi autonomi. Meglio presidiare il partito che c’è. E appoggiare la leadership di Alfano, che dovrà confrontarsi con Berlusconi. Il Cavaliere, da parte sua, quasi a sancire plasticamente la decisione, raduna i falchi a Palazzo Grazioli. I dissidenti discutono del loro futuro, a cominciare dalla titolarità del simbolo. Nomi importanti, tra i quali i 5 ministri Lupi, Quagliariello, Alfano, Lorenzin, Di Girolamo e big del calibro di Sacconi, Augello, Giovanardi, Piso, Saltamartini, Roccella, Enrico Costa. Ma, soprattutto, numeri significativi al Senato, come testimoniano i conti messi per iscritto dal ministro Quagliariello, immortalati dai fotografi a palazzo Madama: oltre ai 23 contrari alla sfiducia, 34 senatori vorrebbero uscire dall’Aula. Il che consente al ministro per le Riforme di chiosare: «Il no al governo deciso solo da un terzo del partito!». E tuttavia, dopo la mossa a sorpresa di Berlusconi, i dissidenti consci di aver conseguito un’importantissima vittoria frenano, limitandosi a ribadire la leadership «conquistata sul campo» da Alfano. Il punto è che prima di strappare vogliono garantirsi il diritto al simbolo del Pdl, lasciando ai falchi la loro Forza Italia. Partita alquanto complessa, com’è chiaro.

VERTICI NOTTURNI
Roberto Formigoni, forte di nuove adesioni, che, secondo lui, sarebbero addirittura una settantina, preme per la costituzione immediata di una nuova formazione in Senato, che si ispiri al Ppe, mentre Maurizio Sacconi e Andrea Augello sono per restare fermi nel Pdl «perché noi siamo rimasti al nostro posto, nel nostro partito, mentre altri hanno fondato la nuova Forza Italia», spiega, serafico, l’ex relatore sulla decadenza di Berlusconi nella Giunta per le immunità. Passato che non lo imbarazza affatto visto che, come il premier Letta, insiste a tenere ben distinte la vicenda giudiziaria del leader del Pdl dall’azione di governo.

LA FRENATA
I cinque ministri pidiellini, in serata, frenano sulla nascita di nuovi gruppi parlamentari (e Schifani: «Ma se il gruppo Pdl è unito, perchè fare altri gruppi?»). Maurizio Lupi e Nunzia De Girolamo assicurano che «non ci sarà una nuova maggioranza», anche se Quagliariello chiarisce che «ormai nel Pdl ci sono due classi dirigenti incompatibili». E Cicchitto, intervenuto alla Camera per lodare la leadership di Alfano, dichiara di «non vedere margini di ricucitura nel Pdl». Proprio l’ex capogruppo ed attuale presidente della commissione Esteri di Montecitorio, nel pomeriggio, sembra compiere un’accelerazione per la costituzione di un nuovo gruppo parlamentare, presentando alla presidenza della Camera una fotocopia con la quale si avvertiva della costituzione di un nuovo gruppo, sottoscritta da 24 deputati provenienti dalle file pidielline. E proprio per rappresentare questa novità, Cicchitto chiede di intervenire in dichiarazione di voto. In serata però la fotocopia scompare e si frena sulla nascita del gruppo. Ma l’ex socialista è già oltre e in aula spiega che «il Pdl ha subito una mutazione anche attraverso attacchi personali» e si augura che «con Alfano si lavori per il futuro del centrodestra che guardi ai giovani».

L’unica certezza dei dissidenti è che il segretario Alfano, con la sua resistenza in difesa del governo delle larghe intese, ha dimostrato di aver quel quid sul quale Berlusconi ironizzava e ironizza visto che, anche ieri sera ricorda che «con la gestione di Angelino il Pdl era al 12 per cento». E’ dunque Alfano il leader del futuro e a lui spetta trattare con Berlusconi il riconoscimento ufficiale del proprio ruolo alla guida del Pdl. Per statuto, infatti, i poteri decisionali spettano solo al segretario, che è l’unico titolato a utilizzare il simbolo in campagna elettorale, anche se la proprietà resta di Berlusconi. Un’eventuale scissione aprirebbe anche, come si diceva, la questione della disponibilità del logo, sul quale potrebbero accampare pretese tutti i cofondatori del Pdl, da Fini, a Baccini, a Rotondi,che già ha dato mandato ai legali di tutelarlo.

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