Il ministro Poletti: “Nel 2015 crescerà l’occupazione e non di poco”
Nel 2015 in Italia potrebbero esserci 150mila occupati in più. È quanto sostiene Giuliano Poletti, spiegando che «tutti i centri studi ci danno 100mila occupati in più nel 2015. Sono fiducioso che possiamo fare qualcosa di meglio e mi auguro che 150mila possa essere un numero vicino alla realtà».
«Nel 2014 abbiamo un dato importante che è quello di 130mila occupati in più» aggiunge Poletti secondo il quale «il 2015 può essere l’anno di una ripartenza più significativa». A margine di un convegno dell’Acli il ministro ha ribadito la soddisfazione per i dati di oggi dell’Istat: «per due mesi, in maniera più stabilizzata, riusciamo ad avere un dato positivo» afferma Poletti riferendosi alla stabilizzazione dell’occupazione a gennaio, per il secondo mese consecutivo.
«Il lieve incremento registrato anche a gennaio (+11 mila rispetto a dicembre) porta ad un aumento complessivo di 131 mila occupati su base annua. È un risultato incoraggiante dopo diversi anni di caduta dell’occupazione», ha detto Poletti sui dati Istat: si intravede «un 2015 migliore per l’occupazione e l’economia». Questo risultato sull’occupazione, sottolinea Poletti in una nota, «insieme ai segnali positivi di crescita della produzione industriale e della fiducia di imprese e consumatori, fa intravedere la possibilità di un 2015 migliore per l’occupazione e l’economia, con un quadro di maggiore stabilità in grado di favorire gli investimenti delle imprese».
Il ministro del Lavoro torna a sottolineare, inoltre, che «nei prossimi mesi potremo anche vedere l’effetto pieno delle misure varate dal Governo con la riforma del lavoro e con la legge di stabilità per sostenere la ripresa e, in particolare, per favorire l’occupazione stabile: la decontribuzione triennale per i nuovi assunti con contratto a tempo indeterminato, la deducibilità dal calcolo dell’Irap e l’introduzione del nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti».
E, sempre riferendosi al Jobs act, Poletti aggiunge che «anche la riduzione della precarietà, a seguito dell’abolizione delle tipologie contrattuali più precarizzanti, potrà favorire la ripresa dei consumi, in quanto dà alle persone una prospettiva più certa e definita».