Il Papa nelle Filippine: “Sì alla libertà di fede”

Da bordo dell’aereo papale, in volo da Colombo per Manila. «Noi le faremo un po’ di domande, ma lei quando è stanco se ne può andare a riposare quando vuole». In piedi, tra il corridoio e la prima fila di poltrone, il portavoce padre Lombardi si rivolge a Papa Francesco che sorride pronto a rispondere. Il tempo a disposizione non è tanto, sicché le domande sono concentrate, una per gruppo linguistico.

 
E così inizia un dialogo libero che lo porterà idealmente a Parigi, a rievocare l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo, con una serie di distinguo e una sostanziale presa di posizione assai critica per la pubblicazione di vignette blasfeme. La religione va tutelata. Prima però il Papa ci tiene a spiegare perché a Colombo ha canonizzato Giuseppe Vaz, un religioso vissuto nel XVI secolo, un apostolo del dialogo inter religioso. Ecco la conversazione:«Questa canonizzazione, così come altre, è stata fatta con la metodologia della canonizzazione equipollente che si usa quando da tanto tempo un uomo o una donna beati hanno la venerazione del popolo di Dio. Una venerazione che dura secoli. Ho usato questa metodologia anche per Angela da Foligno. Ho scelto di canonizzare grandi evangelizzatori, come Pietro Favre, evangelizzatore dell’Europa, morto si può dire per la strada, mentre viaggiava, a 40 anni e poi gli evangelizzatori del Canada, che poi sono i fondatori della Chiesa canadese. E poi un religioso brasiliano e nello Sri Lanka Giuseppe Vaz. A settembre farò una canonizzazione negli Usa. Sono tutte figure in linea con la mia enciclica, Evangelii Gaudium».

Santità abbiamo visto nello Sri Lanka la bellezza di una natura incontaminata. Cosa pensa dei cambiamenti climatici in corso? Sono dovuti all’opera dell’uomo e alla sue mancanze, o è solo causa della natura? La sua enciclica sull’ambiente quando uscirà? 

«Io non so se è l’uomo che schiaffeggia la natura o viceversa. Noi ci siamo un po’ impadroniti della sorella terra, della madre terra. Dio perdona sempre, noi uomini perdoniamo alcune volte, la natura non perdona mai. Credo che abbiamo sfruttato troppo la natura, la deforestazione; io ricordo la discussione ad Aparecida; a quel tempo non capivo bene il problema, e ascoltavo i vescovi brasiliani che parlavano, poi 5 anni fa con una commissione per i diritti umani ho fatto un percorso alla suprema corte argentina nel tentativo di fermare nel Nord del Paese la terribile deforestazione. I contadini sanno che se tu coltivi un anno o due soia, per esempio, poi bisogna lasciare riposare il terreno e azotarlo. Ma non tutti fanno questo. Io credo che l’uomo sia andato oltre. Grazie a Dio ci sono voci che si levano e in questo momento vorrei ricordare il mio amato fratello Bartolomeo che sono anni che predica in questa direzione; ho letto tante cose scritte da lui per questa enciclica. L’Enciclica: la prima bozza è fatta, e io con l’aiuto di alcuni ho preso il testo e l’ ho lavorato con i teologi inviandolo successivamente alla Dottrina della fede, alla seconda sezione della Segreteria di Stato e al Teologo della casa pontificia affinché studiassero bene che non dicessi stupidaggini. Tre settimane fa ho ricevuto le risposte, tutte costruttive e ora mi prenderò una settimana, a marzo per finirla. Alla fine di marzo credo che andrà alle traduzioni. Se va bene a giugno-luglio uscirà, l’importante che ci sia tempo tra l’uscita dell’enciclica e l’incontro a Parigi. L’incontro in Perù non è stato granché, mi ha deluso per mancanza di coraggio, si sono fermati troppo presto. A Parigi speriamo siano più coraggiosi per andare avanti. Il dialogo tra le religioni è importante. Ma l’enciclica non sarà una dichiarazione comune, gli incontri arriveranno dopo».

Quale è il suo messaggio alle persone che nelle Filippine vorrebbero incontrarla ma non possono farlo? 

«Il nocciolo del messaggio nelle Filippine saranno poveri. I poveri che vogliono andare avanti, che hanno sofferto, che ancora soffrono le conseguenze per il tifone Yolanda. I poveri che hanno la fede e la speranza. E poi questa commemorazione del quinto centenario della evangelizzazione. Anche i poveri sfruttati, quelli che sopportano le ingiustizie sociali. Andando nelle Filippine penso a loro».

Santità, nello Sri Lanka ci sono stati più di 300 attentati suicidi. Ora stiamo vedendo attentati fatti anche con bambini, cosa ne pensa di questo modo di fare la guerra? 

«Mi viene da dire che è una mancanza di rispetto, io credo che ci sia qualcosa di inumano. Significa non avere equilibrio sul senso della propria vita e degli altri. L’attentatore lotta e dà la vita ma non la dà bene. C’è tanta gente che lavora, pensiamo ai missionari, danno la vita ma per costruire, in questo caso, invece, si dà la vita per distruggere, distruggendosi. C’è qualcosa che non va. Io tempo fa ho corretto la tesi di un pilota dell’Alitalia che ha fatto sociologia, sui kamikaze giapponesi. Non è una cosa nata nell’oriente, ci sono indagini su una proposta che riguarda la seconda guerra mondiale, in Italia, una proposta del fascismo. Prove non ci sono ma si sta investigando. Un qualcosa collegato ai sistemi totalitari, e il sistema totalitario uccide. L’uso dei bambini: purtroppo sono sfruttati dappertutto, come schiavi, anche sessualmente. Alcuni anni fa con alcuni membri del senato argentino abbiamo voluto fare una campagna contro il turismo sessuale coinvolgendo gli alberghi più importanti per dire pubblicamente che lì non si sfruttano i bambini per i turisti. Non siamo stati capaci di essere efficaci, c’erano troppe resistenze nascoste. I bambini sono sfruttati. È terribile. E ora sono sfruttati anche per suicidi».

Secondo diversi servizi segreti il Vaticano è in pericolo. Si teme per la sua sicurezza. Lei pensa sia necessario modificare qualcosa nei suoi comportamenti? C’è anche timore per i fedeli: lei è preoccupato? Quale è il migliore modo di rispondere agli integralisti? 

«Il miglior modo è la mitezza. Essere umile, mite. Come il pane, senza fare aggressioni. Io sono qui. A me preoccupano i fedeli, davvero. Di questo ho parlato alla sicurezza vaticana, il comandante Giani mi aggiorna sul problema. Ho paura? Lei sa che io ho un difetto: ho una bella dose di incoscienza. Alcune volte penso se mi accadesse qualcosa. Ho chiesto al Signore una grazia che non mi faccia sentire male, perché non sono coraggioso davanti al dolore, sono molto timoroso. Ma so che si prendono le misure di sicurezza efficaci anche se non troppo evidenti».

 

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