Il Governo studia agevolazioni fiscali per chi assume giovani
C’è un filo rosso che collega le parole di Renzi («credo e spero che taglieremo le tasse sul lavoro») con il Jobs act che il premier vuole condurre in porto entro i primi sei mesi del 2015. E si chiama contratto unico di lavoro stabile a tempo indeterminato. Dal momento che il capo del governo immagina un panorama futuro nel quale le decine di forme contrattuali oggi sul mercato saranno assorbite da un contratto a vita ma con tutele che crescono con il passare del tempo, allora il progetto è quello di spingere le imprese, da subito, a reclutare personale giovane rendendo più favorevoli questo tipo di assunzioni. Insomma, la strategia è disinnescare la mina dell’articolo 18 concedendo alle aziende sgravi contributivi e fiscali. Agendo soprattutto sui primi, a quanto pare.
Le ipotesi sul tappeto sono molte e la portata dell’intervento che l’esecutivo ha programmato per la legge di Stabilità dipenderà, ovviamente, dalle risorse che saranno reperite attraverso la spending review. Ma l’intenzione dichiarata dagli uomini dell’ex sindaco di Firenze è di puntare quasi tutta la posta che ci sarà proprio sui contratti a tempo indeterminato per invertire la rotta che ha proiettato l’Italia verso il 13% di disoccupazione. Con una incidenza che tra i giovani si dirige verso il 50%. La soluzione individuata è quella di intervenire in particolare sulla contribuzione a carico delle imprese.
LE SOLUZIONI
Nel dossier che i tecnici stanno studiano figura tra l’altro l’idea di alleviare il carico dividendo il peso tra Stato e imprenditori. Con quali modalità non è ancora chiaro però il governo potrebbe stabilire un congelamento a tempo degli oneri aziendali. Oppure potrebbe defiscalizzarli. O ancora potrebbe concedere prestiti a tasso agevolato. Sui meccanismi d’azione l’inner circle renziano tiene le carte coperte. Ma il disegno è chiaro: è necessario, anche e soprattutto per far ripartire la crescita, ricomporre il quadro lavorativo che, soprattutto negli ultimi 20 anni, ha prodotto il dualismo tra lavoratori garantiti e precari e tra lavoratori giovani e lavoratori maturi. Anche se la strategia non sarà certo quella di bloccare la flessibilità, cancellando magari i contratti atipici. Per i quali, invece, il Jobs act prevede un incremento delle tutele. Tra piani del governo, c’è anche il capitolo che riguarda l’Irap.
«Una delle ipotesi in campo è una ulteriore riduzione dell’imposta sulle attività produttive» ha detto ieri sera il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. Fra le altre opzioni sul campo, ha spiegato Boschi, «l’estensione della riduzione del cuneo fiscale alle categorie che non abbiamo potuto coinvolgere nella misura di 80 euro. Prima delle legge stabilità decideremo». Agire ancora sull’Irap (il governo ha già ridotto l’imposta del 10% quest’anno) sarebbe dunque un modo indiretto per estendere il bonus anche ad una parte del mondo del lavoro autonomo tagliato fuori, come i pensionati e gli incapienti, dall’operazione partita a maggio. Ma in questo caso la soluzione non è affatto semplice. Anche perchè l’Irap finanzia una discreta fetta del servizio sanitario nazionale. E ridurre il gettito senza coprire la perdita potrebbe creare problemi di non facile soluzione. Ad ogni modo, per quanto riguarda l’Irap, nel documento renziano ”Fermare il declino” si indica chiaramente come obiettivo, nell’arco della legislatura, quello di eliminare completamente questa tassa. Un progetto graduale che, per il 2015, prevede una riduzione del gettito di 12 miliardi.