Brasile 2014: si fa dura per l’Italia

Adesso l’Italia deve solo arrossire. Per la vergogna. Perde 1 a 0 con la Costa Rica, ventottesima nazionale del pianeta e a sorpresa già qualificata agli ottavi, e martedì rischia di uscire dal mondiale. Il crollo nel nordest del Brasile, all’Arena Pernambuco di Recife, senza scusanti o alibi. E addirittura peggio della Corea, due volte fatale agli azzurri. Quella del Nord che a Middlesbrough nel 1966 sfrutto però la superiorità numerica e quella del Sud che a Daejeon nel 2002 ebbe la spinta decisiva dell’arbitro Moreno. Due eliminazioni che ancora fanno storia. Qui, invece, c’è ancora la possibilità di salvare la faccia, andando avanti nella competizione. Basta il pari contro l’Uruguay, a Natal, nella terza partita della prima fase. Ma Prandelli non può più sbagliare. Ieri i suoi errori hanno inciso sul risultato.

Sotto processo

Lungo l’elenco dei motivi della caduta di Recife, inaspettata e preoccupante. Sprecata la grande occasione di prendersi il primo posto e di rilassarsi nei prossimi dieci giorni. Il nostro ct, pur ammettendo alla vigilia di aver studiato da mesi la rivale centroamericana, non è stato capace di dare un senso al suo lavoro, sbagliando sia le scelte iniziali che quelle in corsa. Giornata nera, insomma: formazione impresentabile e cambi inutili. Sette i vizi capitali, cioè i motivi della figuraccia: 1) diversi giocatori usurati in campo, per primi quelli del blocco Juve, da Buffon con la caviglia gonfia a Barzagli con la tendinopatia cronica; 2) la difesa rivoluzionata contro avversari veloci e tecnici, utilizzando Abate che il Milan ha tenuto a lungo in panchina e spostando a sinistra Darmian, dopo la bella prova contro l’Inghilterra a destra; 3) l’approccio timido in partenza, con ritmo troppo basso e possesso palla di conseguenza sterile; 4) calciatori spompati in mezz’ora, nonostante la grande attenzione dedicata alla preparazione in ritiro a Coverciano, con test medici e apparati tecnologici; 5) inutili le sostituzioni della ripresa, con tre debuttanti in campo, dall’esperto Cassano, subito con le mani sui fianchi, agli acerbi Insigne e Cerci, buttati nella mischia con il tentativo di farli diventare i salvatori della patria; 6) esagerati i tre diversi sistemi di gioco (dal 4-1-4-1 del fischio d’inizio al 4-2-3-1 del finale, passando per il 4-4-1-1), con i giocatori che sono andati in tilt anche mentalmente, dovendo sistemarsi in modo diverso sul terreno di gioco; 7) interpreti di seconda scelta tra i 23 convocati, come si è visto anche a Recife, e tutta la responsabilità scaricata sulle spalle, di sicuro grandi e grosse, di Balotelli, da solo in due partite su due in attacco.

Film orrendo

Non è pensabile che l’Italia abbia sottovalutato la rivale, ma l’umiliazione degli olè con cui i tifosi della Costa Rica nella ripresa hanno accompagnato gli azzurri fino all’epilogo penoso devono servire per preparare il riscatto con l’Uruguay. Nel primo tempo, due uscite a vuoto di Buffon su altrettanti corner hanno fatto scattare l’allarme. Balotelli, nervoso e sciatto, non ha poi sfruttato le due chance che gli ha offerto Pirlo. Chiellini, disastroso, ha atterrato Campbell, ma l’arbitro Osses lo ha salvato dal rigore e dall’espulsione. La rete di testa di Ruiz (45′), esterno del Psv, chiama in causa tre azzurri: Chiellini, Darmian e Buffon. Il guardalinee Astroza rende superfluo il gol-line technology, con Pinto che invece di festeggiare va dal quarto uomo Aliom a dirgli che anche Dio (indicando il cielo) ha visto l’ancata di Chiellini. Prandelli esagera dopo l’intervallo: Cassano per Thiago Motta e a seguire Insigne per Candreva e Cerci per Marchisio. Solo due mezze occasioni, dopo il fallo da rigore (non concesso) di Duarte su Balotelli: punizione centrale di Pirlo per la smanacciata incerta di Navas e gran destro di Darmian per la replica splendida del portiere costaricano. Per la cronaca: il medico della Fifa non ha concesso i time out (mezzo minuto spontaneo al 36’, deciso dai giocatori). Solo 29 gradi e la solita umidità oscillante. Temperatura decente, anche per il vento che accompagna gli azzurri a Natal. Per rialzarsi in fretta e non tornare a casa .

 

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