Cresce l’attesa per Napoli-Juve di stasera al San Paolo
Il diavolo e l’acqua santa, il pretaccio di periferia (come li definiva Cannavò) e il cardinale da salotto buono, il grintoso italiano e il pacioso cittadino del mondo, Antonio Conte e Rafael Benitez sono personaggi distanti fra loro molto più dei venti punti in classifica. Allenatori agli antipodi anzitutto per la mentalità con cui si avvicinano al loro lavoro e quindi per l’impostazione tattica che danno alle loro squadre. Professionisti di successo diversi nel look e negli atteggiamenti pubblici e privati, cioè di spogliatoio. Rivisitiamoli alla vigilia della loro sfida . Lo juventino è una evoluzione del credo di nonno Trapattoni: 1) come prima cosa pensiamo a non prenderle; 2) per costruire un grattacielo si parte da solide fondamenta, il tetto, cioè l’attacco, è l’ultimo pensiero; 3) come giocano gli avversari, chi è il loro uomo migliore, che cosa dobbiamo fare per neutralizzarlo? Insomma, un calcio che si modella anzitutto sulle caratteristiche della propria rosa; che nella preparazione della partita tiene sempre assai presenti pregi e difetti degli avversari di giornata; e che durante il match può variare il quadro d’assieme o cambiare i singoli protagonisti anche in misura rilevante. Conte ha attualizzato le idee di base del suo illustre predecessore sulla panchina bianconera attingendo alle attitudini e specializzazioni dei giocatori di oggi. Quindi difesa a tre che diventa a cinque in fase di non possesso; un regista classico a dettare i tempi, altri due centrocampisti universali per contrastare la manovra altrui e appoggiare le punte, che sono sempre due, una “palestrata”, abile di testa, l’altra rapida, sgusciante.