Ipotesi Renzi premier??
Direzione Pd senza rete, quella che si annuncia per domani al Nazareno. Matteo Renzi non demorde: l’ordine del giorno della riunione sarà abolizione del Senato e riforma del Titolo V, e se si fa a tempo si comincia a parlare di Jobs act.
Il messaggio è chiaro: non è alle viste una discussione propedeutica al rilancio del governo, men che meno a rimpasti, per non parlare di ingressi di ministri renziani nell’esecutivo. «Enrico deve pazientare», il messaggio inviato a quanti hanno chiesto lumi o fatto pressioni perché in direzione si sblocchi qualcosa. Già, perché la situazione comincia a diventare paradossale: un governo fermo in attesa di rilancio, un premier in giro per il mondo come a dimenticare il quadro nazionale, un neo leader del maggior partito che tutto pensa tranne che a ridare linfa e vigore a un governo il cui premier è espressione dello stesso partito.
«Enrico deve pazientare». E visto che non si può arrivare alla direzione senza rete, ecco che le diplomazie di entrambi i campi sono al lavoro perché giovedì non si trasformi in una sfida all’ok Corral, «e comunque Enrico non può certo pensare di fare la voce grossa in un consesso dove i renziani siedono al 70 per cento», avvertono i seguaci del leader. Il premier però non demorde e in Direzione incalzerà il segretario: vuole il rilancio del governo e il coinvolgimento del nuovo Pd.
I TEMPI
Ma accanto a questo ruolino di marcia che vede il segretario tirarla per le lunghe rispetto al governo, almeno fino all’approvazione della legge elettorale e all’esito del voto sardo (dove ci sarà un primo riscontro per capire se l’apertura a Berlusconi sulle riforme viene premiata dalle urne o meno), si sta muovendo in parallelo un altro treno, al momento ancora in un binario secondario, che preme e lavora per un altro scenario. La prospettiva del pressing è quella di Matteo Renzi premier subito al posto di Letta, ovviamente con il placet del Quirinale che al momento, però, non appare tra le locomotive del convoglio, anzi. Un pressing che vede convergere nel Pd settori renziani legati più che altro al ministro Graziano Delrio e settori della minoranza interna bersanian-dalemiana. «Matteo ci punta, nella sua ultima intervista dice che si può arrivare al 2018, ovviamente con lui a palazzo Chigi», ha spiegato l’altro giorno il bersaniano Nico Stumpo. Nella minoranza pd già si fregano le mani: con Renzi a palazzo Chigi senza passare dalle urne, il sindaco neo segretario potrebbe fare le riforme che ha intavolato con Berlusconi, magari con quella doppia maggioranza tentata a suo tempo da Bersani; si dovrebbe eleggere un nuovo capo dello Stato; e soprattutto si dovrebbe nominare un nuovo segretario. Ce n’è quanto basta per far sognare Cuperlo, cuperliani, bersaniani, dalemiani e quanti considerano l’avvento di Renzi alla guida del Pd una sorta di brutto scherzo del destino, da chiudere al più presto.
LA STRATEGIA
Una prospettiva ben presente all’interessasto, che infatti punta tutt’e due i piedi e non vuol sentir parlare di se stesso a palazzo Chigi, al momento. Renzi ha visto ieri Angelino Alfano, si è parlato di legge elettorale, tema sul quale il sindaco si attende qualche appunto in direzione dalla minoranza che punterà a battere sul tasto che «con questa legge il Pd perde», anche se altri sondaggi (vedi Demopolis) dicono che con l’Italicum ci sarebbe parità sostanziale al primo turno intorno al 35 per cento, con Renzi che vincerebbe di gran lunga al secondo (54 a 46).