Legge elettorale, accordo vicino

Mentre la diplomazia di Pd e FI è a un passo dall’accordosull’Italicum, ieri i capigruppo hanno stabilito che il testo arriverà in aula solo domani pomeriggio. Una decisione arrivata nel cuore di una giornata all’insegna dell’incertezza. A cominciare dalla notizia del ritiro degli emendamenti democratici, annunciato di buon mattino dal presidente della Affari costituzionali Francesco Sisto. Il segretario Matteo Renzi, ha spiegato il capogruppo pd Lele Fiano, «ha chiesto che venisse riposta fiducia nelle trattative che lui sta conducendo e nei margini possibili che ha esposto al gruppo», la sera precedente. Ossia: innalzamento al 38% della soglia per il premio di maggioranza, sistema di primarie non obbligatorie, e delega al governo per la compilazione dei collegi.

250 EMENDAMENTI
Punti che corrispondono agli unici emendamenti che il Pd ha lasciato in campo e che, sommati alle richieste degli altri partiti, hanno attestato a 250 le modifiche all’esame della commissione. Il cui lavoro avrebbe dovuto riprendere subito dopo la conclusione delle votazioni in aula, ma che non aveva tenuto conto delle manovre grilline: a colpi diordini del giorno, i pentastellati hanno dilatato i tempi d’approvazione del decreto Imu-Bankitalia, in scadenza allo scoccare della prossima mezzanotte. Ottenendo l’effetto domino di bloccare anche la commissione impegnata sull’Italicum, ferma all’illustrazione dei primi emendamenti. Dinamiche cui, però, Renzi non intende sottostare: «Adesso tocca al Parlamento. Personalmente non mi farò ingabbiare nelle stanche liturgie della politica tradizionale: le carte sono in tavola, nessuno può bluffare. Se qualcuno vuole far saltare tutto, lo faccia a viso aperto e lo spieghi al Paese», ha dichiarato via web in mattinata. Ora o mai più, insomma, il suo messaggio. Proprio mentre a Montecitorio la conferenza dei capigruppo valutava la possibilità di far slittare a domani l’arrivo in aula (originariamente previsto per oggi) del testo di riforma elettorale. O forse anche più in là, almeno nelle intenzione dei partiti minori: Per l’Italia, Sel, Lega, Fratelli d’Italia e il gruppo Misto hanno infatti scritto alla presidente Laura Boldrini, chiedendo «che ci sia un tempo sufficiente per discutere un tema così importante come la legge elettorale», visto anche che «soltanto il Pd e Forza Italia insistono perché arrivi in aula il 30», ha spiegato Pino Pisicchio, presidente del Misto.

PALETTI DEM
Un’opzione immediatamente rispedita al mittente dal portavoce della segreteria renziana Lorenzo Guerini: «Dobbiamo andare in aula a gennaio, non prendo neanche in considerazione altre date». Gli sherpa dei protagonisti dell’accordo stavano lavorando alle rifiniture, preparando il successivo colloquio telefonico tra Renzi e Silvio Berlusconi. La notizia delle telefonate tra i due leader è arrivata proprio mentre alla Camera si cercava un compromesso sul timing dell’Italicum: alla fine si è deciso per domani, imponendo alla commissione Affari costituzionali un tour de force notturno e una finestra domattina, una volta trascorsa la buriana grillina sul decreto in scadenza. Una corsa contro il tempo, su cui Sisto si è già detto pronto ad abbattere la cosiddetta “tagliola”: «Alla riforma è stata riconosciuta l’urgenza e, dunque, per regolamento non potrò chiedere il rinvio dell’aula. Dove l’Italicum arriverà puntuale, anche senza completare l’esame della commissione, se necessario». Molto dipenderà, dunque, dalla disponibilità di tutti a ritirare gli emendamenti.
E, soprattutto, dalla tenuta dell’accordo tra Pd e Forza Italia, che potrebbe realizzarsi in un 37% sulla soglia del premio di maggioranza. I segnali, anche a tarda sera, andavano in questa direzione. «L’accordo regge», giurava il capogruppo forzista Renato Brunetta. E soprattutto Renzi ha sollecitato il sigillo finale: «E’ evidente che anche Berlusconi è a un bivio. Io confido che si possa chiudere rapidamente». Dietro l’angolo, ad attenderlo, l’ipotesi di rimpasto che pure pesa sull’esito della riforma. Con il leader di Ncd Angelino Alfano che ancora ieri ha sollecitato il sindaco fiorentino: «Renzi sostenga il governo, entrandoci con i suoi uomini. Altrimenti, non si può proseguire».

 

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