Berlusconi e Renzi: i retroscena dell’incontro
«Allora, caro Matteo, quand’è che mandiamo a casa questo governo?», l’esordio del Cavaliere non appena scorge Renzi che gli va incontro per salutarlo. «Per carità, non mi mettere in difficoltà così, lasciamo fuori il governo, non è in discussione», la risposta di Matteo Renzi consegnata ai posteri, poi bisognerà vedere se andrà effettivamente così. Il tema governo ha aleggiato per tutta la duratadell’incontro, forse è stato l’unico elemento di divergenza tra i due.
«Sarà un problema reggere a lungo con questo esecutivo, noi non faremo sconti, e voglio vedere voi del Pd reggere sull’abolizione del Senato», ha insistito il Cavaliere che vuole votare a maggio assieme alle Europee. Ma tant’è. Dal momento che l’accordo, che i due hanno stretto, prevede anche riforme costituzionali quali il Titolo V e il Senato, significa che Enrico Letta è ”blindato” almeno per un anno, al netto dei problemi che riuscirà o meno a risolvere. Renzi su questo non ha voluto prestare il fianco ad alcuna critica o insinuazione, tanto che alla fine dell’incontro ha pregato Silvio Berlusconi di mettere per bene nero su bianco che l’intesa prevedeva anche le riforme costituzionali, «mi raccomando, l’accordo è su tre punti, non solo sulla leggeelettorale».
I DIVANI
L’incontro del sabato è avvenuto con i quattro seduti su divani, due da una parte e due all’altra (con Berlusconi c’era l’immancabile Gianni Letta, con Renzi il portavoceLorenzo Guerini, uomo di sperimentata esperienza politica, cauto quanto basta tanto da meritarsi l’appellativo di «Arnaldo» nel senso di Forlani). Un faccia a faccia «molto istituzionale», centrato sui problemi. La scenografia segnala un’accortezza finale, quando si è passati alle foto ricordo: Renzi si è fatto immortalare sotto la foto del ”Che”, il Cavaliere ha preferito invece spostarsi e farsi ritrarre sotto Bob Kennedy. Terminato l’incontro, i telefoni diventano caldi. Chiama Enrico Letta per ben tre volte, ma Renzi non gli risponde. Solo a tarda sera risponde con un sms, pregando però il premier di non fare dichiarazioni in ossequio alla tesi che la legge elettorale è materia del Parlamento, il governo se ne stia alla larga.
L’IRRITAZIONE
Il leader del Pd è ancora irritato per le voci (tipo, «se Matteo insiste gli portiamo via mezzo partito») messe in giro da alcuni lettiani in questi giorni. Con Angelino Alfano invece Renzi ci ha parlato, sia prima che dopo l’incontro. E ne ha ricavato tanta disponibilità a far parte dell’accordo, a entrarci a pieno titolo, dipenderà dai cosiddetti dettagli della legge prossima ventura. Un altro con il quale Renzi ha parlato è Giorgio Napolitano, nel solco di una progressiva condivisione che data ormai dalle primarie. «Lo so che mi sto giocando tutto ma qui stiamo facendo la terza Repubblica, ne vale la pena», l’impegno renziano. Un obiettivo ambizioso, visto che dalla famosa cena a casa Letta (1997) si è arrivati a questo pomeriggio al Nazareno a casa Renzi senza che si riuscisse a siglare nessuna intesa, ma solo scelte istituzionali e leggi elettorali esclusivamente a maggioranza, e quindi di scontro e di rottura.
LA DIREZIONE
L’intesa adesso passerà al vaglio della direzione pd lunedì pomeriggio. Il segretario non è lì che incontrerà difficoltà, la minoranza interna non ha più molte frecce all’arco se anche i partiti piccoli e medi daranno, come pare, disco verde, e se nel campo del centrosinistra Nichi Vendola è il primo a dare l’ok, «Renzi è bravo, sta facendo bene, io tratto con lui», dice e ripete sempre più spesso il leader di Sel. I problemi verranno dai cosiddetti dettagli, se saranno tali da spostare l’ago della bilancia un po’ più a favore dei ”piccoli” o meno. Il problema dei problemi appare essere fin d’ora l’entità della soglia di sbarramento, fissata al momento al 5 per cento per chi sta in coalizione e all’8 per cento per chi si presenta da solo. Una soglia alta anche per i coalizzandi, dal momento che potrebbe accadere questo scenario: l’Ncd di Alfano, ad esempio, si coalizza con Forza Italia, ma se non ottiene il 5 per cento non elegge nessun deputato, mentre i suoi voti vanno ugualmente conteggiati ma contribuiscono solo a far conquistare i seggi al partito più grosso, cioè al Cavaliere. E’ vero che il conteggio dei voti è sulla base del Cun (collegio unico nazionale), e quindi la legge è proporzionale, ma fin d’ora si può prevedere che sull soglia si accenderà un accanito braccio di ferro.