Renzi punta al rimpasto del governo

Nel giorno del “fuoco amico” contro il governo di Enrico Letta, Matteo Renzi si è attaccato al telefono per raccomandare ai suoi di fare i bravi: «Basta attacchi, ora serve un po’ di calma». 

Eppure, se fosse per il neosegretario del Pd dei ministri di Letta si salverebbe solo il renziano Graziano Del Rio. O poco più. Di sicuro verrebbe licenziato il superministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni. Più Anna MariaCancellieri (Giustizia) e qualcuno dei cinque ministri di Angelino Alfano.
Ma Renzi non intende dedicarsi in prima persona al gioco del rimpasto: «Mai e poi mai mi metterò a trattare di poltrone, io sono diverso». E tantomeno ci vuole giocare il premier: «Il rimpasto non è all’ordine del giorno, la mia squadra funziona. Il rilancio del governo passerà a gennaio attraverso il contratto di coalizione, non con un carosello di poltrone tipico della Prima Repubblica».

STRATEGIA D’ASCOLTO
Letta, attraverso il suoi collaboratori rimasti a presidiarepalazzo Chigi, risponde anche alla grandinata di critiche dei parlamentari renziani: «C’è chi si scalda, ma noi siamo tranquilli. Le sollecitazioni e le spinte ci trovano d’accordo: nel 2014 si deve, e si può, fare meglio. Siamo stati i primi a dire che non ci sono più alibi e che l’azione del governo dovrà essere più incisiva. Il nuovo inizio, il cambio di passo, si avrà a gennaio con la firma del contratto di coalizione».
Letta, nonostante l’insofferenza e l’amarezza per l’attacco sferrato dalla nuova dirigenza del suo Pd, sceglie una posizione di «ascolto». Arriva ad ammettere gli errori sul decreto “Salva-Roma”, su cui puntano l’indice i renziani: «Chi non ha mai sbagliato?». E pur continuando a sostenere (in pubblico) di non credere che Renzi voglia andare sparato alle elezioni, sbarra la porta al rimpasto: «Il problema è individuare tutti insieme le cose da fare con il contratto di coalizione, non litigare per le poltrone». In estrema sintesi: «Saccomanni non si tocca e non si tocca nessuno dei ministri».

LA PARTITA
Insomma, è braccio di ferro. E anche se Renzi rinvia la questione a fine gennaio («prima scriviamo lo spartito, poi sceglieremo i musicisti»), il neosegretario fa trapelare una forte insofferenza per la squadra che Letta difende a spada tratta. «Se si vanno a guardare le caselle del comparto economico, quello più importante e strategico in un momento in cui servono scelte coraggiose per uscire dalla crisi», dice un renziano di stretta osservanza, «ci trovi il tecnico Saccomanni, l’ex berlusconiano Lupi alle Infrastrutture, l’altro tecnico Giovannini al Lavoro. Certo, ci sono anche i piddini Zanonato allo Sviluppo e Fassina viceministro dell’Economia. Ma quelli sono su posizioni opposte alle nostre e fanno più male che bene».
Capito? Renzi immagina una vera e propria rivoluzione. Dove il primo a finire sulla ghigliottina sarebbe Saccomanni. Perché il superministro è considerato «genuflesso» all’ortodossia del rigore imposto dall’Unione europea, perché è ritenuto il principale responsabile di una legge di stabilità «inconsistente», e perché mettere un proprio uomo di fiducia all’Economia consentirebbe a Renzi di avere maggiore voce in capitolo e incisività nelle scelte economiche. Con un problema non da poco: Saccomanni è molto apprezzato a Bruxelles, è sostenuto da Giorgio Napolitano e la sua nomina è stata benedetta dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi. «Senza di lui, senza la sua credibilità internazionale», dicono a palazzo Chigi, «sarebbe ben più difficile piazzare i nostri titoli pubblici…».
C’è quindi da credere che Saccomanni sia il bersaglio grosso di Renzi, ma che il neosegretario si potrebbe accontentare di avere la testa di Giovannini (contrario tra l’altro al suo job act) e dei piddini anti-renziani Zanonato e (forse) Fassina. Più forse lo scalpo di Lupi. «Ma vi sembra ragionevole», domanda un altro renziano doc, «che il Nuovo centrodestra con appena 30 senatori e 29 deputati abbia cinque ministri e tutti di peso? Parliamo di Interni, Infrastrutture, Sanità, Agricoltura. Il Pd, con poco meno di 300 deputati, ha invece solo l’Istruzione e qualche ministero di terza fascia. Un po’ di buon senso e di riequilibrio sarebbe salutare». Per tentare di ottenerlo, però, Renzi dovrà decidersi a sporcarsi la mani. «Se nessuno chiede, nessuno dà», dice un parlamentare lettiano, «fare la verginella e poi in segreto chiedere posti è troppo comodo».

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