Biocidio, nasce la piattaforma #fiumeinpiena 16nov

Il biocidio è la storia e la risultante della devastazione che ha travolto il nostro territorio e le nostre vite. Il biocidio è il frutto di un’economia disumana, che considera cose e persone alla stessa stregua: puri strumenti. Un’economia, che inaridisce i territori, che ha avvelenato le nostre terre. E tutto solo in nome del massimo profitto.

 

Ma il biocidio – sia chiaro finalmente – non è un problema nostro. È un problema di tutti. Un problema nazionale e globale Se non aggredito con la forza di un fiume in piena, la tragedia travolgerà proprio tutto e tutti.

 

#FIUMEINPIENA è un movimento di giovani, nato per far parlare con una sola voce le migliaia di cittadini, mobilitati in questi ultimi anni nelle realtà locali. La chiave è stata ed è quella della partecipazione dal basso. Centinaia di proposte di comitati, studenti, movimenti, associazioni e cittadini sono arrivate in queste settimane. Le abbiamo raccolte, ne abbiamo fatto sintesi. Questo documento finale è il frutto di un lavoro partecipato, che non ha lasciato indietro le idee di nessuno.

 

E’ di tutta evidenza che la costruzione di qualsiasi politica onesta, soprattutto sul nostro territorio, oggi debba avvenire tenendo conto delle istanze che hanno posto i cittadini. Il grado di sfiducia verso le forze politiche e imprenditoriali della nostra Regione è profondo. Connivenze, incapacità politica e amministrativa, commissariamenti governativi disastrosi hanno delegittimato le istituzioni. Una loro rigenerazione è necessaria, ma è possibile solo partendo dall’ascolto vero di quanti in questi anni hanno rappresentato le sofferenze, hanno denunciato i crimini in atto, hanno lottato e pagato.

 

E’ possibile e necessario un modello ambientale opposto a quello che ha determinato la devastazione determinata dall’intreccio malefico tra camorra, malapolitica e imprenditoria disumana. E’ quello che i cittadini chiedono e che noi qui stasera stiamo a rappresentare.

 

ECCO IN 10 PUNTI COME FERMARE IL BIOCIDIO. Questa è la voce dei cittadini

 

PRIMO – Democrazia vera: trasparenza, partecipazione alle decisioni, controllo diffuso

 

La Convenzione di Aarhus, (ratificata dall’Italia con la legge n. 108 del 16 marzo 2001 dall’Unione Europea nel  maggio 2013,)   . Questi principi vanno applicati e tradotti in norme specifiche.

 

Il governo nazionale, quello regionale, gli enti locali devono essere obbligati a confrontarsi con i cittadini, attraverso i loro comitati, su ogni decisione e proposta che riguardi il loro territorio, soprattutto in merito alla funzionalità e sicurezza degli impianti. Nei territori vi sono saperi ed esperienze in grado di tutelare le terre che abitiamo. Una funzione importante può essere svolta da un Osservatorio Tecnico Scientifico Indipendente, che metta in rete associazioni, consorzi, agricoltori, movimenti, comitati, intellettualità diffuse, cooperative sociali, economisti, ricercatori, medici, giuristi, ingegneri, studenti, singoli cittadini. Esso potrà supportare, appunto, la partecipazione dei cittadini alle decisioni che riguardino la loro sicurezza e la loro salute.

 

SECONDO – Bonifiche

 

Innanzitutto le bonifiche, così come stanno partendo, saranno in continuità con l’economia del traffico di rifiuti tossici. Stessi protagonisti, stesse ruspe, stessi camion. Il sistema politico-camorrisitico si è già messo in moto. I BANDI PUBBLICI NON POSSONO LASCIARE ALLA SOGESID IL RUOLO CHE OGGI LE ASSEGNANO. Dei bandi pubblici è responsabile la politica. E non può nascondersi dietro finte tecnostrutture, di fatto nella disponibilità della cupola affaristico-criminale.  Occorrono regole stringenti. I soli controlli prefettizi, pur necessari, non sono assolutamente sufficienti. Da soli costituirebbero una sciagurata foglia di fico.

 

E poi, come sono state utilizzate le risorse pubbliche per la mappatura dei siti inquinati? Solo di fondi regionali, sono stati spesi oltre 64 milioni per analisi e caratterizzazioni E non sappiamo ancora quali zone del nostro territorio sono inquinate e quali no.

 

Va subito resa pubblica e aggiornata la mappatura regionale dei siti, incrociando le informazioni già a disposizione dei diversi enti pubblici, che non dialogano tra loro. Ma l’inefficienza – si sa – è figlia del diavolo e funzionale agli affari sporchi.

 

Il piano regionale delle bonifiche, appena approvato è inadeguato e va profondamente rivisto. Il Piano prevede aree vaste. Per aree vaste bisogna operare, ma per davvero e con interventi che intercettino le progettualità locali e le realizzino.

 

È VERAMENTE BONIFICATO UN TERRITORIO SOLO QUANDO, RISANATO, VIENE RICONSEGNATO ALLA COMUNITÀ TERRITORIALE PER NUOVI IMPIEGHI PRODUTTIVI. Questo sacrosanto principio è anche il miglior modo per contrastare le infiltrazioni camorristiche e gli arbitrii della politica.

 

In Campania non entri più alcun rifiuto proveniente da regioni del Nord o europee,! La realizzazione del Sistri (sistema tracciabilità satellitare sul trasporto dei rifiuti) è una necessità. Invece fino ad ora è stato solo l’ennesima occasione per speculazioni e truffe.

 

 

 

 

 

TERZO – Difesa dell’agricoltura. Valorizzazione e tutela dei prodotti agricoli di qualità

 

Una Campania che resiste, esiste già da tempo. Sono gli agricoltori che hanno detto no agli sversamenti, quelli che in questi anni hanno creato consorzi biologici, cooperative sociali e agricole. A pagare non possono essere queste persone.

 

L’agricoltura è l’asse portante della nostra economia regionale, anche per l’interconnessione con il turismo e per la tutela del territorio. Ove i suoli non sono coltivati ogni scempio è possibile. La natura ci ha dotato di un suolo e di un clima tra i migliori al mondo. I nostri prodotti costituiscono eccellenze mondiali e sono in posizione di punta nel made in Italy. Vanno raccontati, promossi e agevolati.

 

Il prodotto agricolo campano va tutelato e rilanciato. Per farlo occorre innanzitutto monitorare il suolo e le acque intervenendo, come possibile, sulle falde inquinate, controllando i pozzi abusivi inquinanti, soprattutto risalendo subito a quali sono i punti da cui si origina l’inquinamento.

 

Serve una programmazione nazionale di analisi complessiva delle produzioni ortofrutticole, per restituire certezze agli agricoltori e serenità a chi acquista i prodotti delle nostre terre. Ma le forme di controllo adottate vengano poi estese a tutto il Paese, perché i problemi non sono solo campani e sarebbe davvero incredibile che finissimo per importare prodotti da terre in cui neppure esistono vere forme di tutela sanitaria alla fonte (vedi Cina).

 

I campi inquinati vanno messi immediatamente in sicurezza a seconda del livello d’inquinamento. I terreni in cui sono stati sversati veleni vanno sequestrati. Una volta determinate le aree food e quelle no food, bisogna procedere alle diverse tipologie di bonifica (dalla riconversione delle produzioni agricole verso modelli biologici e biodinamici, per ridurre comunque l’impatto chimico su un territorio già stressato, alla fitoremediation per le aree da decontaminare). Sui terreni confiscati va promosso il riuso sociale.

 

Serve un piano di riconversione ecologica complessiva, in cui un ruolo centrale sia proprio quello degli agricoltori, al fine di sviluppare lavoro e diritti.

 

 

 

QUARTO – Chi ha inquinato deve pagare.

 

Occorre istitutire un fondo nazionale straordinario per le bonifiche finanziato:

 

–          dal denaro confiscato alla camorra per gli sversamenti dei traffici illeciti

 

–          dalle imprese che hanno inquinato

 

–          da un “super found”, come già avviene in altri Paesi, finanziato dalle associazioni imprenditoriali qualora non si riesca a risalire direttamente alle imprese che hanno inquinato.

 

QUINTO – Le responsabilità istituzionali

 

All’Europa chiediamo:

 

–          di istituire subito il reato di ecocidio, così come proposto con diversi disegni di legge.

 

–          di coordinare i diversi sistemi (che in Italia ancora non esistono) di controllo satellitare sul trasporto di rifiuti, in particolare quelli pericolosi;

 

–          di estendere a tutti i paesi europei il delitto di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti, attualmente in vigore solo in Italia;

 

–          di rafforzare tutte le attività di controllo da parte delle agenzie doganali contro i traffici illeciti transnazionali di rifiuti così come quelle d’indagine che deve svolgere Europol.

 

L’Unione europea deve anche rivedere alcune sue pratiche. Il Patto di stabilità non può riguardare gli investimenti per il risanamento ambientale. Il sistema delle sanzioni non può bloccare proprio le risorse che servono per uscire dal disastro ambientale.

 

 

 

Al Governo Nazionale chiediamo:

 

–          Il ritiro di ogni forma d’incentivo per impianti a combustione (CIP 6)

 

–          L’introduzione dei delitti ambientali nel nostro Codice penale, dall’inquinamento alla frode fino al disastro ambientale, prevedendo in particolare

 

a. laggravante mafiosa con l’istituzione del reato di ecomafia

 

b. l’inserimento del reato di ecocidio non prescrivibile

 

c.  l’inserimento come delitto ambientale dell’incendio doloso di rifiuti;

 

Bisogna punire davvero chi sversa i rifiuti, chi è il mandante di tale disastro e chi ha guadagnato su traffico (come già previsto dall’art.260 del Codice ambientale).

 

Per i reati ambientali più gravi non deve essere prevista alcuna forma di prescrizione.

 

Alla Regione Campania, oltre alle richieste indicate nei diversi punti, chiediamo

 

–          di approvare immediatamente la legge regionale contro la prevenzione degli sversamenti e l’abbandono di rifiuti

 

–          di procedere alla radicale riforma dell’ARPAC, struttura corresponsabile del disastro e totalmente inefficiente

 

 

 

Ai sindaci chiediamo

 

–          Il rispetto delle prerogative di primi responsabili della salute pubblica nell’ambito delle proprie comunità

 

–          Il raggiungimento delle quote previste di almeno il 65% di raccolta differenziata

 

–          L’adempimento di tutti gli obblighi previsti dal “Patto della Terra dei fuochi”, e degli altri protocolli, segnatamente quelli relativi al reale controllo del territorio, alla rimozione dei rifiuti abbandonati, all’allestimento delle isole ecologiche, allo stoccaggio dei rifiuti agricoli e dei pneumatici

 

 

 

SESTO – No a leggi speciali. No alla militarizzazione del territorio

 

Le leggi speciali sono state l’arma impropria del sistema politico-affaristico-criminale. Le leggi speciali e i commissariamenti hanno consentito l’aggiramento, con protezione militare, delle leggi ordinarie. Carenti che fossero, erano comunque leggi, perciò erano d’intralcio al sistema criminale. Arbitrii inconcepibili contro le leggi ordinarie sono stati commessi in nome delle leggi speciali. Discariche, finte bonifiche, impianti di depurazione, nel loro insieme costituiscono uno dei più gravi crimini di Stato, di cui lo Stato sarà chiamato a dar conto.

 

Sta montando un nuovo clima emergenziale, con toni allarmistici, questi sì, da parte di chi fino a ieri non sapeva e non vedeva. In nome di una nuova emergenza, con leggi speciali, le bonifiche finirebbero nelle stesse mani che hanno prodotto il disastro, questa volta con la casacca dei bonificatori.

 

Non vogliamo altre gestioni emergenziali come quelle messe in campo per far fronte all’ultima “crisi rifiuti napoletana” e al terremoto dell’80. Vogliamo una legge nazionale onesta e concreta, con un fondo nazionale che finanzi il risanamento strutturale del territorio.

 

NON DEVONO ESISTERE ZONE INVALICABILI PER I CITTADINI. Abbiamo sperimentato in questi anni la militarizzazione dei nostri territori.  Si è impedito ai diretti danneggiati, i cittadini, di monitorare, consentendo alle imprese criminali di fare quello che volevano, senza rendicontare a nessuno; sono, invece, state represse le legittime proteste. In sintesi, controllo militare = NESSUN CONTROLLO

 

SETTIMO: La sanità pubblica.

 

Va riconosciuto e fatto valere il principio di precauzione ed attuate strategie, oltre che di prevenzione primaria e secondaria, anche di riduzione del danno. I primi interventi necessari sono:

 

          Individuare un piano sanitario pubblico specifico per le zone colpite dagli sversamenti e dichiarate ad alto rischio sanitario, al fine di tutelare la popolazione ed informarla su precauzioni da osservare; 

 

          Creare, come stabilito per legge, un osservatorio regionale epidemiologico che sia in grado di stabilire il nesso causa-effetto tra salute e devastazione ambientale.

 

          Istituire immediatamente ed effettivamente il Registro Campano dei Tumori.

 

          Garantire l’accesso gratuito ai protocolli di prevenzione sanitaria per i tumori.

 

          Assicurare interventi sanitari specifici sui territori maggiormente colpiti dalle diverse patologie determinate dal disastro ambientale sui nostri territori. Questi interventi non devono comportare aumenti del ticket sanitario regionale.

 

 

 

 

 

 

 

OTTAVO – Piano gestione rifiuti.

 

Il Piano regionale dei rifiuti urbani va ritirato e completamente riscritto. I rifiuti, se ben gestiti, costituiscono una risorsa. La combustione dei rifiuti, in proiezione futura, è un sistema in contrasto con le direttive europee e con gli accordi mondiali per la riduzione delle emissioni di CO2. Non si può ancora pensare che il problema dei rifiuti si risolva bruciandoli, o sversandoli in discariche più o meno abusive. Per questo chiediamo:

 

–          Il ritiro immediato del bando per l’inceneritore di Giugliano.

 

–          Il progressivo superamento degli altri impianti a combustione dei rifiuti con chiusura graduale dell’inceneritore di Acerra.

 

–          L’abbandono d’ipotesi come quella di altri gassificatori, inceneritori, termovalorizzatori, centrali a biomasse.

 

–          L’immediato controllo di tutte le attività di combustione previste nei cementifici, escludendo comunque l’uso di rifiuti.

 

–          La realizzazione di un nuovo piano regionale sui rifiuti basato sul modello delle 4 R: riduzione, raccolta differenziata porta a porta, riuso e riciclo.

 

–          La costruzione d’impianti di compostaggio e di filiere per l’effettivo riciclaggio dei rifiuti prodotti; la promozione, come previsto, da direttive comunitarie e programmi nazionali degli acquisti di prodotti da riciclo (i cosiddetti acquisti verdi) da parte delle amministrazioni pubbliche nella misura minima di almeno il 30%.

 

–          La ripubblicizzazione immediata delle società nei comuni che si occupano di smaltimento dei rifiuti.

 

–          Ciò che non si può smaltire, non può essere più prodotto. Abbiamo già riempito il nostro territorio di rifiuti e percolato che hanno inquinato falde acquifere e aria. Riconvertire la Campania vuol dire innanzitutto prendere atto che non si può più inquinare.

 

NONO – Traffici illeciti di rifiuti. Roghi tossici.

 

I roghi tossici costituiscono una pratica di smaltimento criminale degli scarti di lavorazione dell’economia sommersa, che opera in regime di evasione fiscale. E’ evidente l’inefficacia delle strategie fin qui adottate. Occorre perciò, oltre a un reale e totale impegno delle istituzioni preposte, anche una nuova strategia sì dissuasiva, ma anche orientata a promuovere un conferimento ordinario dei rifiuti speciali, almeno di quelli non pericolosi. L’aspetto fiscale deve essere distinto da quello della sicurezza ambientale, che deve essere assolutamente prioritario.

 

DECIMO – Giustizia ambientale e sociale. Riconvertire la Campania.

 

I dati dimostrano come devastazione ambientale e deprivazione sociale siano un cane che si morde la coda. Le colpe sono delle scelte politiche e sociali di questi anni di governi in Campania e a livello nazionale.

 

 

 

Per uscire dalla crisi ambientale, è necessario uscire anche dalla crisi sociale. Non si devono contrapporre diritti e salute, lavoro e sviluppo del territorio. Bisogna ripartire dalla dignità delle persone. La Campania è in una condizione di altissima precarietà e di disoccupazione giovanile fuori controllo. E’ una terra senza diritti e senza tutele.

 

Fermare il biocidio vuol dire necessariamente rivendicare anche welfare, casa, diritti essenziali; vuol dire investire su un’istruzione pubblica e una ricerca capaci di formare coscienze e competenze in grado di promuovere un diverso modello di sviluppo per la nostra Regione.

 

Siamo scesi in piazza. Negli ultimi due anni si sono contate milioni di presenze nelle strade di quasi tutti i Comuni dell’area che va dal Vesuvio al Volturno ed oltre. Abbiamo dimostrato che c’è una Campania che lotta, denuncia, s’impegna, che sogna un altro territorio libero dalla camorra, dai poteri  illegittimi, da chi vuole decidere sulle nostre teste, da chi vuole scegliere i nostri destini, il nostro futuro.

 

Siamo stati in grado di riprenderci le strade, le piazze, la parola con un’azione di presenza e di resistenza civile, che ripudia ogni forma di violenza. E questo è tanto, se si considera quanta sia stata la violenza subita. Noi siamo in campo per la dignità e per la vita. La nostra, ormai, è una battaglia di civiltà.

 

Non dobbiamo fermarci qui. Non possiamo fermarci qui. Un fiume in piena deve invadere tutto il Paese e determinare davvero il cambiamento reale della vita delle persone, il risanamento del nostro territorio, la liberazione di tutte e di tutti.

di comunicato stampa

 

 

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