Si cancella l’Imu e aumentano le accise sulla benzina
Nel governo li hanno ribattezzati i «sindaci furbetti». Quelli che sapendo che l’Imu sulle prime case per il 2013 sarebbe stata cancellata, hanno portato al massimo le loro aliquote contando sul fatto che a pagare non sarebbero stati i loro concittadini ma lo Stato. La lista è lunga. Piena di grandi centri, come Napoli, Milano, Bologna, Genova, o altri medi come Frosinone e Ancona. Roma aveva considerato questa possibilità ma poi non l’ha concretizzata.
Molti hanno alzato fino al massimo del 6 per mille le loro aliquote nella speranza di sistemare i conti con il trasferimento di soldi che il governo sarà chiamato a dare per indennizzarli per la cancellazione dell’Imu. Per mettere una toppa a questa falla, che costerebbe alle casse dello Stato altri 500 milioni di euro, nel decreto Imu è spuntata una norma che prevede che la seconda rata dell’imposta sarà abolita «fino ad un importo pari alla metà dell’imposta calcolata applicando l’aliquota e la detrazione stabilite dal Comune per il 2012». Cosa significa? Semplicemente che se il sindaco, per fare un esempio, ha aumentato l’aliquota dal 4 al 6 per mille, i cittadini saranno chiamati a versare la differenza, ossia il 2 per mille.
I RITOCCHI DEI SINDACI
È il caso, per esempio, di Milano, dove l’aliquota sulla prima casa è stata portata dal 4 al 6 per mille, ed è anche il caso di altri comuni come Frosinone. A Napoli invece, il ritocco è stato minore, solo dell’1 per mille, dal 5 al 6, perché l’aliquota era già stata alzata lo scorso anno. Genova ha portato l’aliquota dal 5 al 5,8 per mille (quindi i cittadini dovrebbero versare solo uno 0,8 per mille), mentre Bologna ha alzato l’asticella dal 4 al 5 per mille. Resta da capire se politicamente una previsione del genere reggerà. Un’altra norma pure contenuta nelle bozze del decreto è già saltata. Quella dove si prevedeva che l’imposta dovesse essere versata da immobili rurali e terreni agricoli. Dopo le proteste del ministro Nunzia De Girolamo e il fuoco di sbarramento del vice premier Angelino Alfano, ormai è una certezza che gli agricoltori non saranno chiamati alla cassa. La bozza di decreto contiene anche altre sorprese. Soprattutto sulle coperture trovate dal governo per cancellare la rata.
Come previsto gli acconti fiscali che dovranno essere versati dalle banche, dalle assicurazioni, ma anche dalla Banca d’Italia, saliranno al 128% nel 2014 e al 127% nel 2015. Per le imprese è confermato il passaggio della misura dell’acconto Ires dal 100 al 101%. Le banche dovranno anticipare quest’anno anche tutto il gettito del risparmio amministrato. Anche famiglie e professionisti, oltre alle società, saranno chiamati ad uno sforzo. Quando calcoleranno gli anticipi fiscali sui redditi che prevedono di incassare nel 2014, non potranno dichiarare al Fisco meno del 100% di quanto guadagnato nel 2013. In pratica è come se il governo, per decreto, avesse cancellato la crisi economica. Ma la nota dolente è anche un’altra.
GLI AUMENTI ALLE ACCISE
Per poter permettere nel 2016 alle banche di tornare a versare acconti «normali», dal primo gennaio del 2015 al 15 febbraio del 2016, saranno aumentante le accise sulla benzina. Un balzello da 1,5 miliardi di euro. Il caro benzina però, arriverà immediatamente. Il governo sta cercando di coprire una serie di buchi che si sono aperti nei conti dello Stato, come quelli del decreto con i fondi alla cultura approvato ad agosto. Nel decreto Imu è previsto un aumento delle accise già per la fine dell’anno per mettere una toppa. Così come una toppa dovrà essere messa anche al mancato gettito sulla cancellazione della prima rata dell’Imu. In questo caso un decreto ministeriale potrebbe essere approvato già nelle prossime ore. In Senato, poi, è spuntato un emendamento del governo che per coprire la legge di stabilità aumenta le accise a partire dal 2017. La benzina, in pratica, è diventato il bancomat dell’esecutivo.