Letta esclude ogni tipo di tasse sulla casa
Enrico Letta non è rimasto impressionato dalla valanga di emendamenti. Aveva chiesto al Parlamento di intervenire sulla legge di stabilità «nel rigoroso rispetto dei saldi» e ora non si scompone davanti alle 3.093 proposte di modifica. Tanto più che martedì i viceministri all’Economia Stefano Fassina, Luigi Casero e il sottosegretario Giovanni Legnini procederanno a «una prima, corposa, sforbiciata». Ma l’allarme resta alto.
Letta, in continuo contatto con Angelino Alfano, sospetta che Silvio Berlusconi punti ad aprire la crisi proprio sulla manovra economica. E che potrebbe tentare la spallata proprio poche ore prima del voto sulla decadenza da senatore fissato per il 27 novembre. Così, dopo avere escluso il pagamento della seconda rata dell’Imu, il premier ha dato mandato ai suoi consiglieri economici, ministri e viceministri di lavorare alla riscrittura della Trise, la nuova tassa sulla casa che si suddivide in Tari (il prelievo sui rifiuti) e Tasi (la tassa sui servizi indivisibili). Con un imperativo volto a blindare il governo, a rendere più facile la vita ad Alfano e all’ala governativa del Pdl, e a non offrire pretesti al Cavaliere: «Non ci deve essere alcun aggravio fiscale, chi non pagava l’Imu non dovrà pagare neppure la Tasi», ha scandito Letta. Il come lo stanno studiando Fassina, Casero, Legnini e i lettiani Paola De Micheli (vicecapogruppo del Pd) e Francesco Boccia (presidente della commissione Bilancio).
L’idea è quella di reintrodurre le detrazioni (in base al reddito e al numero di figli a carico) e di stanziare alcune centinaia di milioni (con «nuove entrate») per evitare – grazie a «una compensazione nazionale» – di dover alzare l’aliquota massima della Tasi la cui applicazione compete ai sindaci. Se poi Berlusconi dovesse dichiararsi ancora insoddisfatto, Letta confida nella tenuta di Alfano: «Dal voto di fiducia del 2 ottobre», dicono a palazzo Chigi, «la posizione del vicepremier si è rafforzata. E se già 38 giorni fa Berlusconi non era più indispensabile per la tenuta della maggioranza, ora grazie al rafforzamento di Alfano lo è ancora di meno».
PORTA STRETTA
In ogni caso, per evitare imboscate in Aula, è molto probabile che il governo il 22 novembre ponga la questione di fiducia sul testo uscito dalla Commissione. «Facendo salvi», spiega Legnini, «il dibattito e il contributo dei gruppi parlamentari alla riscrittura della legge di stabilità». E quel voto, soprattutto se Berlusconi dovesse tentare la spallata, potrebbe essere l’occasione per definire una volta per tutte il nuovo perimetro della maggioranza». «Più esigua ma più compatta», si augurano a palazzo Chigi.
Per il resto nel governo non si temono «grossi problemi». «Disinnescata la mina dell’Imu», sostiene il viceministro Fassina, «tutto è gestibile». Nessuna proposta, tantomeno la vendita delle spiagge e il nuovo condono fiscale proposti dal Pdl, hanno la potenzialità per far saltare tutto in quanto nessuna ha capacità aggregativa, sostiene un altro ministro del Pd.
Berlusconi non resta a guardare. Domani Renato Brunetta, Casero e gli esperti economici del Pdl si vedranno per decidere la strategia. L’indicazione del Cavaliere è una sola: «Non voglio più tasse sulla casa e non farò sconti». Da qui la mossa preventiva di Letta e di Alfano «che non ha alcuna intenzione», dice uno dei suoi, «di rinunciare al ruolo di sentinella anti-tasse».