Nola, truffe alle assicurazioni indagati in 400

Nola – I militari della Compagnia Carabinieri e della Guardia di Finanza di Noia hanno eseguito un’ordinanza emessa dal Gip presso il Tribunale di Noia, che ha disposto:

– n.3 misure impositive del divieto di dimora nella provincia di Napoli;

-n.6 misure impositive del divieto temporaneo di esercitare la professione di

avvocato;

-n.2 misure interdittive dall’esercizio del pubblico ufficio per medici operanti in

strutture ospedaliere;

– n.2 misure interdittive della sospensione dall’esercizio della professione medica per

medici operanti in strutture private;

– n.3 misure impositive dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per

medici operanti sia in strutture pubbliche che private.

Le suindicate misure sono state emesse a conclusione di una complessa ed articolata

indagine diretta dalla Procura della Repubblica di Noia, che ha riguardato più

organizzazioni criminali operante nel circondario ed attive nella commissione di truffe ai

danni di compagnie assicurative. I positivi risultati raggiunti sono stati resi possibili solo

dalla capacità investigativa e dalla disponibilità al coordinamento ed alla piena

collaborazione delle due strutture investigative (Compagnie dei CC e della GdF di Noia)

nonché dei legali delle maggiori compagnie assicurative danneggiate.

In particolare, le suindicate misure sono state applicate nei confronti di medici ed

avvocati che hanno realizzato numerose condotte truffaldine ai danni di svariati istituti

assicurativi, nonché ai danni del fondo di garanzia vittime della strada.

I reati contestati sono: plurime associazioni per delinquere, falso, truffa aggravata, frode

assicurativa, corruzione, falso in valori da bollo, abusivo esercizio attività finanziaria,

usura e riciclaggio, falsa testimonianza e falsa perizia (grazie ai quali riuscivano ad

ottenere, innanzi ai giudici di pace aditi, il riconoscimento dei danni subiti per sinistri

stradali mai verificatisi).

Nel corso dell’indagine, è anche emerso che a fronte di bolli aventi il valore nominale di

euro 87,00 oppure euro 187,00 (solitamente utilizzati per l’iscrizione a ruolo delle cause

in base al loro valore), alcuni avvocati, mediante bolli falsificati, hanno sopportato solo

costi oscillanti tra i 26 e i 50 centesimi di euro, oltreché quelli illeciti connessi al

procacciamento dei bolli falsi.

La misura adottata è anche relativa al sequestro di un patrimonio d’ingente valore,

composto da beni illecitamente accumulati tra cui ville e auto di lusso nonché conti

correnti bancari e natanti. Più specificamente, gli immobili sottoposti a sequestro

sono 42 tra cui una villa ad Ischia ed una in costiera cilentana, le autovetture

cautelate 21 ed i conti correnti sottratti alla disponibilità degli indagati 86 per un

valore di circa 3.760.000,00 euro.

L’indagine ha riguardato oltre quattrocento soggetti, di varia estrazione e professionalità,

ma tutti implicati nelle attività criminose, secondo una suddivisione, in linea generale, in

tre categorie, secondo una diversa convergenza d’interessi nella complessiva strategia

criminale.

Il livello più basso è costituito da una serie di persone, reperite in vario modo sul

territorio e che assumono, anche alternativamente, la veste di presunto danneggiato o

danneggiarne o di testimone.

A fronte di ciò, viene loro chiesto solo di fornire un proprio documento d’identità (nel

caso dei danneggiati) o i documenti assicurativi del proprio veicolo (nel caso di

danneggianti) o la semplice disponibilità a recarsi presso gli uffici giudiziari a rendere

false dichiarazioni (nel caso dei testimoni).

In conseguenza di ciò, il compenso assicurato varia, per i presunti danneggiati, dai 500 ai

1000 euro ( somma calcolata a prescindere dal valore dei sinistri, per lo più implicanti

danni alle persone). Per i falsi testimoni, il compenso è più modesto e varia dai 50 ai 100

euro. I soggetti disponibili a ricoprire tali ruoli sono per lo più attinti da fasce sociali

disagiate e sono facilmente reperibili, in quanto ormai inseriti in un circuito illecito in cui

tale tipo di attività è assolutamente ripetitiva. D’altronde per essi, solo la frequenza delle

singole prestazioni illecite rappresenta una stabile entrata economica, il cui vantaggio non

può essere rapportato ad occasioni sporadiche.

Il secondo livello è costituito dai procacciatori d’affari, che “gestiscono” questa

“manovalanza” criminale e che hanno un ruolo sovraordinato rispetto al primo gruppo,

in quanto ricevono le richieste illecite e offrono il servizio di messa a disposizione di

personale umano utile a ricoprire i ruoli necessari.

Detto profilo ‘di mediazione criminale’ ricomprende anche un’ampia rappresentazione

di personale medico e paramedico, impiegato presso strutture pubbliche o private

convenzionate, o anche operante in studi medici privati e dedito in modo “professionale”

alla compilazione di falsi certificati e lo referti o esami strumentali. Vi è da evidenziare

che la finalità non è quella, sia pure biasimevole, di agevolare un amico o un conoscente,

bensì quella di soddisfare richieste provenienti da procacciatori, per fini esclusivamente

di lucro.

L’attività è stata ponderosa, come emerge dall’ingente mole di atti sanitari acquisiti.

L’illecito profìtto è stato assicurato proprio dagli elevati standards quantitativi e, in

alcuni casi, qualitativi (in ragione del diverso “prezzo” dei certificati redatti da taluni

medici, che diagnosticavano più lunghi periodi di malattia). Di fatto, esisteva un vero e

proprio tariffario, rapportato ai diversi tipi di certificazioni o di esami strumentali.

Pertanto, i compensi variavano dai 5-10 euro (per una relazione medica), a 30-100 euro

(per gli esami strumentali o esami strumentali+relazione) a 100-150 euro (per i referti

ospedalieri).

Al fine dello svolgimento di tale attività, i medici venivano contattati o dai procacciatori,

o dai legali o da altri medici, che fungevano da collettori di certificazioni, loro richieste

da avvocati o da altri faccendieri.

Ancora ulteriore elemento che contrassegna l’operato dei medici ritenuti partecipi dei

sodalizi è l’uso di cautele particolari atte a celare l’illecita attività svolta. Dette cautele

sono consistite nell’uso di termini criptici nel corso delle conversazioni con svariati

associati (ad esempio, l’utilizzo di termini quali: “bottiglie di vino” per la

documentazione medica falsa ed in particolare primi referti di pronto soccorso.

“rappezzo e guaina” per la documentazione medica falsa, “documentazione medica

economica” per la documentazione rilasciata da medici più ‘economici’, “imbasciata”

per indicare i compensi per la documentazione falsa procurata “hotel” per indicare i vari

presidi ospedalieri.). Inoltre altre cautele hanno riguardato le modalità degli incontri per

la consegna dei falsi certificati, per i quali venivano scelti luoghi lontani dalla struttura

sanitaria presso cui essi operavano o anche dallo studio privato ove esercitavano l’attività

professionale o anche la scelta di orari notturni per gli incontri con i sodali, che

avvenivano in tarda notte, a volte fino alle tre del mattino.

Infine, il profilo apicale in cui si muovono gli attori di questa complessa organizzazione

criminale è costituito dagli avvocati, dediti alla trattazione delle domande di risarcimento

prima stragiudiziali e poi giudiziali relativi ai sinistri stradali. Senza la loro presenza, non

sarebbe possibile realizzare gli obiettivi illeciti, ma non solo. Sono i legali, in virtù delle

loro specifiche competenze professionali, ad ideare, programmare ed attuare in dettaglio

le singole richieste.

Il Gip ha condiviso l’impostazione accusatoria, riconoscendo l’esistenza di quattro

distinte, sia pure similari, associazioni per delinquere finalizzate alla commissione di

truffe assicurative. Detti quattro gruppi associati fanno capo rispettivamente ai seguenti

legali e/o faccendieri:

1 ) avvocati Muto Antonio e Massimo, aventi studio in Marzano di Noia;

2) avvocati Esposito Luigi e Severino Pierluigi, titolari di due distinti studi

rispettivamente ubicati in Marigliano e in Lauro unitamente al faccendiere

Amoroso Angelo;

3) avvocati Cerciello Nunzio, Coppola Marco e De Vivo Maria Cristina, aventi studio

in Somma Vesuviana;

4) avvocato Ranieri Rossella, avente studio in San Giuseppe Vesuviano.

Caratteristica comune di detti sodalizi è il modus operandi, nonché una parziale comunanza

di soggetti.

Ancora, l’indagine ha evidenziato il coinvolgimento, sia pure in una forma non associata di

altri legali, che in proprio si sono procacciati, “acquistandoli”, falsi certificati medici,

elaborando autonomamente false pratiche. Tale dato, anche se fuoriesce dall’ambito

associativo, viene tuttavia evidenziato in questa sede per rimarcare ancora una volta quale

sia l’allarmante estensione del fenomeno illecito.

Complessivamente, sono stati indagati 62 medici, noti professionisti operanti presso

strutture pubbliche e private, nonché 12 avvocati, oltre 392 soggetti che a vario titolo

si sono prestati alla realizzazione dei falsi sinistri. L’Ufficio del Pubblico Ministero per

gran parte di essi aveva avanzato misure cautelari di diversa gravita, rigettate dal

G.I.P. solo sotto il profilo delle esigenze cautelari, pur – come detto – avendo condiviso

l’intera ricostruzione accusatoria nonché l’attualità della condotta criminosa.

Naturalmente, all’esito della fase delle indagini preliminari, per i professionisti non

colpiti da misura saranno informati gli organi consiliari dell’Ordine di appartenenza.

Nel corso dell’indagine, sono state eseguite intercettazioni telefoniche ed ambientali, che

hanno fatto emergere un vero e proprio sistema criminale dedito alla simulazione di sinistri

stradali, all’interno del quale ognuno degli indagati aveva un compito ben preciso.

Nel corso delle attività investigative, avviate a seguito di approfondimenti condotti su

alcuni medici i quali conducevano un tenore di vita non congruo con quanto dichiarato, è

stato possibile monitorare 1.237 pratiche di risarcimento danni per sinistri stradali, ed

accertare che i complessivi € 1.670.000 di indennizzi versati dalle compagnie assicurative

erano tutti provento di falsi incidenti.

Gli approfondimenti giudiziari, condotti sotto la direzione della Procura della Repubblica di

Noia, dal luglio 2009 ad aprile 2012, hanno consentito, di ricostruire l’intera organizzazione

criminale individuando, per ognuno degli indagati, l’esatto ruolo ricoperto.

In particolare, le indagini hanno consentito di identificare i medici che, operando all’interno

di strutture pubbliche, erano soliti rilasciare falsi certificati i quali, una volta giunti nelle

mani di avvocati ed assicuratori compiacenti, servivano per richiedere risarcimenti record

per sinistri stradali in realtà mai avvenuti alle ignare compagnie assicurative. A far parte

dell’organizzazione anche persone incensurate che si prestavano, per poche centinaia di

euro, a fornire le proprie generalità per figurare fìttiziamente quali vittime o testimoni di

sinistri. Tra i casi più eclatanti quello relativo ad un gruppo di persone che, sulla base della

falsa documentazione sequestrata, risultavano, nello stesso giorno, contemporaneamente in

due luoghi distinti lontani centinaia di chilometri l’uno dall’altro e quello relativo ad un

soggetto che, nello stesso arco temporale, risultava avere un arto ingessato pur eseguendo

sullo stesso terapia riabilitativa.

Le intercettazioni telefoniche ed ambientali hanno permesso di scoprire anche come in

diversi casi gli esami clinici utilizzati per completare le pratiche di risarcimento fossero

relativi a parti del corpo diverse da quelle indicate nei sinistri.

Ad esempio, in diversi fascicoli sanitari sono state rinvenute radiografie di arti superiori a

cui era collegata però la richiesta di risarcimento per il danno subito ad una gamba. In un

altro caso, le indagini tecniche hanno permesso di scoprire che erano gli stessi medici

coinvolti a farsi radiografare, in spregio persino dei possibili danni derivanti dalla

sovraesposizione a radiazioni, pur di formare la documentazione sanitaria necessaria al

rimborso.

Grazie ai proventi dell’attività illecita, i vertici del sodalizio, al fine di accelerare le

pratiche e di evitare di essere scoperti, erano arrivati addirittura ad acquistare delle

apparecchiature sanitarie particolarmente costose, tra cui un ecografo di ultima generazione,

utilizzato in uno studio medico di Somma Vesuviana. In detto studio, in ora notturna, i

membri dell’organizzazione si riunivano per formare le false certificazioni e dividersi il

provento dell’attività illecita che andava dai 100,00 euro per un solo certificato falso ai

1.500,00 per un intero sinistro.

La complessiva attività d’indagine ha fornito la conoscenza di uno spaccato sociale assai

inquietante, nel quale è diventata sistemica l’attività fraudolenta ai danni di istituti

assicurativi, divenuta soprattutto nelle regioni meridionali una forma perversa di

assistenzialismo.

Quello che rileva è l’estensione e la capillarità del fenomeno, di cui la presente indagine ha

fornito un ampio quadro, sia pure assai limitato rispetto alla sua reale portata. Esso nella sua

estensione è trasversale a varie classi sociali, coinvolgendo nella fase decisionale e di

elaborazione delle strategie criminali soggetti appartenenti al mondo delle professioni e, nel

contempo, soggetti di umile condizione sociale che grazie a tale coinvolgimento traggono

benefìci assai circoscritti, se paragonati con i profitti illeciti, ma che vengono comunque

considerati un non trascurabile modo di ovviare ad una situazione di assoluta precarietà

economica.

L’operazione odierna, lungi dal poter recidere il fenomeno nella sua complessità, costituisce

tuttavia un importante risultato investigativo e giudiziario nella continua opera di ripristino

della legalità in un territorio fortemente inquinato dalla presenza di organizzazioni

criminali.

 

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