Sul voto palese è bufera

Sarà un voto palese a decidere la sorte del Cavaliere. Lo ha stabilito ieri la giunta per il Regolamento di palazzo Madama, chiamata – dopo due giorni di sedute e 4 ore di riunione – a dare il suo parere in vista del giorno in cui il Senato dovrà esprimersi sulla decadenza di Berlusconi.
Un risultato che la componente intransigente della giunta ha conquistato sul filo di lana: 7 a 6. E che ha dato la stura ad accuse incrociate e minaccia il delicato equilibro delle larghe intese. A favore si sono espressi 3 Pd, 1 Sel, 2 M5S e 1 Scelta civica, la senatrice Linda Lanzillotta. Contrari 3 Pdl, 1 Lega, 1 Gal e 1 autononomie. Falchi e lealisti parlano ora di «violazione delle regole»; «pagina buia»; «mostro istituzionale», «ordalia barbarica». E siamo solo all’inizio.

MINACCE SU FACEBOOK
La Lanzillotta, ex Pd, montiana, è stata incerta fino all’ultimo. Era in discussione l’interpretazione dell’art. 113 del Regolamento che disciplina le modalità di voto. La senatrice per risolvere i suoi dubbi ha voluto ascoltare le relazioni della Bernini (Pdl) e di Russo (Pd). Una scelta difficile e contestata, sia in Parlamento che fuori (la senatrice è stata minacciata su Facebook). Chiusa una battaglia ora se ne apre un’altra. Si dovrà stabilire quando calendarizzare il voto sulla decadenza. Compito che spetta alla Conferenza dei capigruppo ma che potrebbe richiedere un voto in Aula qualora non si trovasse un accordo tra i partiti. E non è finita qui.

IL PARADOSSO
In teoria, il dispositivo adottato ieri a maggioranza dalla giunta del Regolamento potrebbe essere stravolto. È sufficiente che un senatore presenti un ordine del giorno, appoggiato da almeno 20 suoi colleghi, in cui venga richiesto il voto segreto. Ordine del giorno che se ottenesse la maggioramza dell’Aula rovescierebbe la decisione assunta ieri dai 13 membri della giunta presieduta da Grasso. Un paradosso, senonché di paradossi finora se sono già visti altri.
Martedì sera la giunta si era aggiornata in un clima molto rissoso. Francesco Nitto Palma (Pdl) aveva ribadito la richiesta di considerare la legge Severino irretroattiva, citando il dispositivo della sentenza emessa dalla Corte d’appello del tribunale di Milano che ha ricalcolato l’interdizione di Berlusconi dai pubblici uffici fissandola in due anni. La decisione della giunta per il Regolamento stabilisce ora due punti fermi. Il primo è che quando si dovrà decidere sulla decadenza per incandidabilità sopravvenuta di un senatore la votazione dovrà essere sempre palese. Il secondo che si tratta di un voto sull’integrità del Plenum e non sulla persona, per cui sarebbe necessario il voto segreto.

GRILLO RIVENDICA
Il segretario dem Guglielmo Epifani ha chiesto «rispetto e comprensione per le scelte della giunta». La legge Severino «è perfettamente costituzionale e va applicata come è stato fatto nei 37 casi precedenti». Esulta anche Beppe Grillo. Twitta: «Voto palese, voto 5 Stelle!». L’ex comico arriva a rivendicare il 7 a 6 come un suo successo personale, legato dunque alla scelta di venire a Roma proprio ora a incontrare i suoi deputati. «Due giorni col fiato sul collo sono serviti», gonfia il petto l’ex comico. Curiosità: Maurizio Buccarella, uno dei due 5Stelle presenti in giunta ne stava combinando una grossa. Si è fatto richiamare dal presidente Grasso, come era già successo al suo collega Vito Crimi. Durante la riunione della giunta aveva improvvisato una diretta web. Al pari di uno scolaretto indisciplinato il senatore grillino è stato invitato a non connettersi con i social network. Chi invece ha mantenuto una sua disciplina interiore e non ha ceduto alle pressioni è stato Karl Zeller (Svp). «Ho votato secondo la mia coscienza, io rispetto le regole – ha commentato a caldo il senatore altoatesino – credo però che questo voto verrà letto dal Pdl come una “provocazione” e ricompatterà falchi e colombe mettendo a rischio la tenuta di Palazzo Chigi».

 

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