Governo: Letta chiede responsabilità

Enrico Letta non parla di «agguato» come Renato Schifani. E non ha minacciato di dimettersi come ha fatto il ministro delle Riforme, Gaetano Quagliariello. Ma l’imboscata dei falchi del Pdl in Senato contro il disegno di legge di revisione costituzionale ha ulteriormente fatto precipitare l’umore del premier. «La nostra mission è fare le riforme istituzionali, a questa è legata la vita del governo», ha confidato Letta, «e così non si va avanti. Serve un sussulto di responsabilità. Come ho già detto mille volte non mi farò logorare e non resto a palazzo Chigi a ogni costo». Una rabbia e una preoccupazione cui ha dato voce Giorgio Napolitano a Firenze: «C’è chi vuole destabilizzare il governo». Ma c’è da dire che in più di una telefonata Angelino Alfano ha rassicurato il premier: «Ormai esiste una maggioranza diversa, è così dalla fiducia del 2 ottobre e così sarà anche nei prossimi mesi». Come dire: non curatevi dei falchi.

«SITUAZIONE TERRIBILE»
A palazzo Chigi, visto che l’ordine di scuderia è «guardare in positivo», le reazioni sono più temperate: «Preferiamo guardare il bicchiere mezzo pieno, anche se per un soffio il risultato è arrivato. E’ vero, la maggioranza doveva essere più ampia, ma date le condizioni in cui ci muoviamo non è andata male». E le condizioni sono «terribili». C’è il Pdl che implode, Scelta civica già esplosa, Silvio Berlusconi-scheggia-impazzita a un passo dalla decadenza e ora rinviato a giudizio per la compravendita di senatori. C’è il Pd in piena fase congressuale e la legge di stabilità finita nel mirino di tutti. «Si vedrà in concreto nell’attività parlamentare quanto si potrà ancora andare avanti», dice un collaboratore del premier, «se dovessimo guardare solo alle fibrillazioni e alla chiacchiere il governo sarebbe già finito da tempo. Invece…». Invece? «Si va avanti finché si raggiungono risultati concreti», professa Letta.

«SERVE PRUDENZA»
Proprio il premier a Firenze, dove ha incontrato Matteo Renzi, ha voluto dispensare qualche pillola di saggezza. Nel ruolo del pompiere ha messo a verbale, difendendo la legge di stabilità: «I problemi non si risolvono in un giorno. Dalla crisi si esce passo per passo. Bisogna essere fiduciosi, avere la giusta prudenza. Non ci vuole nulla per tornare nelle difficoltà in cui il Paese era, credo che la necessità di tutti noi sia quella di sapere che ci sono i passi giusti nella direzione giusta per arrivare ai risultati che vogliamo: crescita e occupazione». Ancora Letta, rivolgendosi ai sindaci durante l’assemblea dell’Anci: «Il Paese aveva bisogno di un cambio di direzione che con fatica la legge di stabilità rappresenta». Un cambio di direzione «rappresentato prima di tutto dalla fine del cappio del patto stabilità interno, per la prima volta si riapre agli investimenti. È una scelta strategica perché così si pensa che si possa rilanciare il Paese». Poi, affrontando il nodo della “nuova Imu”: «Prendo per buone le verifiche sulla service tax, ma quel miliardo ai Comuni è la dimostrazione che ci siamo, siamo al tavolo e ognuno si prende le proprie responsabilità». Infine Letta ha tracciato l’identikit del suo esecutivo: «Il nostro è un governo politico a tutto tondo».

LA PARTIRA ESTERA
Per uscire dalla “terribile” situazione, il premier punta sulla due-giorni che comincia oggi a Bruxelles. Letta è determinato a uscire dal Consiglio europeo «con un impegno forte» sul fronte dell’immigrazione. Traduzione: un potenziamento nel Mediterraneo del Frontex, il sistema europeo di controllo delle frontiere comuni. Poi domani Letta andrà a Parigi per incontrare il premier Ayrault e per parlare alla Sorbona.

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