Berlusconi a processo, l’ira di Silvio «E’ persecuzione così tutti al macello»
Arriva la nuova raffica da Napoli. Lo sfogone dentro le mura di Palazzo Grazioli, dove Silvio è assediato, ha un ritmo in crescendo. «Me l’aspettavo, sono l’uomo da abbattere. Vogliono sbattermi in galera e buttare la chiave. Quando diranno che svaligio le banche e che rapino le vecchiette?». Lo scoramento. L’ira. La prima cosa che Berlusconi fa, quando la nuova tegola gli arriva addosso e ha già saputo del flop del lungo incontro tra Alfano e Fitto che non ha portato pace, è quella di chiedere a tutti di fare dichiarazioni a sua difesa sulla «persecuzione infinita». «Dimostrate di volermi bene. Tutti. Ho bisogno di tutti», è quasi un’implorazione quella di Berlusconi. In una delle giornate più nere per lui e per il partito, che neppure la «bomba a orologeria di Napoli» riesce a riunificare almeno nel nome di Silvio martire.
E quando a cena va da lui Denis Verdini ha buon gioco a parlargli così: «Fai cadere il governo. Facciamo subito Forza Italia. E’ l’unica cosa che ti può garantire la libertà. I sondaggi sono buoni. Votiamo a marzo e vediamo chi è più forte». Il Silvio depresso di questi giorni – «Ha spesso lo sguardo nel vuoto e in lontananza sembra vedere le grate della finestra di una cella», così lo descrivono i più intimi – ieri è tornato combattivo. «Vuole finalmente prendersi il partito», assicura la Pitonessa Santanchè, anche perchè – parole di Silvio – «l’incontro tra Alfano e Fitto non è servito a nulla». E ognuno dei due è rimasto fermo nelle proprie rigidità quando sono stati convocati, separatamente, a Palazzo Grazioli. Una giornata terribile, quella del Cavaliere, nella quale deve subire anche il ricorso di Veronica sul dimezzamento degli alimenti («Un milione e mezzo al mese sono pochi», secondo la Lario), mentre anche nella nuova famiglia «mi stanno portando la guerra». Ovvero: Francesca Pascale era l’elemento calmierante di Silvio, l’unica tra i due a restare lucida in questa fase durissima ma anche lei – un giorno la danno della lesbica, un altro giorno dicono che è una fedifraga – ha le sue battaglie da combattere e fatica a mantenere quella tranquillità che dà tranquillità anche al suo amato.
GUERRA CHIAMA GUERRA
I falchi lo chiamano, per stargli vicino e per ribadire che «guerra chiama guerra». Le colombe, ministri compresi, lo chiamano, per dirgli: «La migliore risposta all’accanimento giudiziario è stare al governo. Rimanere uniti, senza scivolare in falli di reazione». «Sì, va bene», replica il Cavaliere: «Ma a me chi mi difende? Se non la smettete di litigare, non perdo soltanto io. Andiamo al macello tutti quanti». Alfano gli dice che è «inqualificabile» la vendetta consumata dai falchi in Senato contro Quagliariello, Silvio dice che lui non c’entra ma il Vietnam parlamentare sulle leggi del governo è per lui anche un modo per reagire contro Napolitano di cui pensa ciò che pensa la Santanchè (ossia il colmo della slealtà) e contro il destino cinico e baro che gli sta stringendo il cappio al collo. Ma attenzione, tra i falchi ci sono anche quelli che non hanno il coltello tra i denti e il loro mood, dopo la vicenda del Senato, lo riassume così Ignazio Abrignani: «Le posizioni estremistiche danneggiano tutti coloro che stanno lavorando per l’unità del Pdl. A cominciare da Berlusconi». Che mai come ieri è sembrato deciso a riprendersi in mano il partito. «Ma come faccio ad avere la serenità per occuparmi di queste cose, mentre la sinistra e i giudici vogliono cancellarmi dalla faccia della terra?». Si sente mezzo azzerato: «Ma non gli farò finire l’opera».